Dominio Romano nel Bruzio e mutamenti politici nell’area mediterranea

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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In seguito alla sconfitta di Pirro a Benevento (275 a. C.) e al suo ritiro dall’Italia il dominio romano nel Mezzogiorno continentale si estese all’intero territorio peninsulare compreso il Bruzio, l’attuale Calabria; ci furono diverse sacche di resistenza, ad esempio una fu proprio quella dei Bruzi, ma la potenza di Roma era tale da riuscire ad avere in poco tempo il sopravvento su i suoi nemici; si può affermare che intorno al 270 a.C. i Romani giunsero ad ottenere il controllo della intera area meridionale tramite alleanze di natura politico-militare con le città italiote (abitate prevalentemente da discendenti dei coloni ellenici) o con la forza bruta delle armi, ad esempio contro i Bruzi, che erano stati costretti a cedere ai vincitori metà della Sila ed a subire a obtorto collo (come avrebbero detto i vincitori, in italiano “a forza”) l’egemonia di Roma.

Questo nuovo assetto politico-militare dell’Italia meridionale peninsulare ed in modo particolare il predominio romano sul Bruzio portò come conseguenza al mutamento della sua politica con l’altra grande potenza del Mare Mediterraneo occidentale: Cartagine. La situazione geopolitica, come si direbbe oggi, usando una terminologia contemporanea, in quel periodo è stata delineata nel seguente modo: “Dopo le lunghe ed aspre guerre che portarono alla creazione della lega italica, Roma divenne una delle più forti potenze del mondo civile. La sua forza militare era più consistente di quella di uno qualunque degli imperi sull’insieme dei quali si basava l’equilibrio politico dell’Oriente; più considerevole non tanto per il numero, quanto per la compattezza, l’organizzazione e l’intelligenza dei suoi soldati…”. Quando Roma sconfisse Pirro, uno dei re ellenistici più dotati, e pretese così  un posto nella famiglia degli imperi del III secolo a.C., questo suo comparire alla ribalta fu notato e preso in considerazione dagli uomini politici dei regni ellenistici contemporanei. La Macedonia, la vicina più prossima, cominciò a seguire il corso degli avvenimenti in Italia; l’Egitto fu il primo a entrare in relazioni diplomatiche con Roma nel 273 a.C.; ed in Grecia le leghe e le comunità libere cominciarono a tenere conto di questa nuova potenza come un possibile alleato tanto nelle loro lotte intestine quanto nella guerra che i Greci delle regioni  occidentali  conducevano contro la crescente arroganza dei pirati illirici. Ma più di tutte queste potenze, Cartagine, con i suoi interessi politici e commerciali nel Mediterraneo occidentale, era toccata dalla politica estera di Roma. Per lei Roma ed i suoi successi politici non erano una novità (Michele Rostovtzeff, Storia del Mondo Antico, G.C.Sansoni Editore, Firenze, 1965, pp.439-440).

Proprio la presenza romana nel Bruzio fu uno dei motivi più decisivi che spinse Roma a rivedere i suoi rapporti con la grande potenza politico-militare e commerciale africana: Cartagine: “…se si pensa che nel 270 vigeva ancora, nei confronti di Roma, incontrastata signora di tutta la penisola italica, quel trattato del 348 che inibiva alle navi romane ed alleate di navigare e di commerciare non solo nell’Africa settentrionale, ma perfino in Sardegna e in Corsica, e che nessun ostacolo serio si frapponeva ormai all’attuazione dell’antico sogno di Cartagine, di completo dominio della Sicilia, si capirà facilmente come i Romani dovessero provare un senso di soffocazione all’affacciarsi  sulle rive di quel mare, di cui invano dominavano le coste per più di mille chilometri; come dovesse preoccuparli il pensiero che lo Stato rivale, insediandosi in un prossimo domani sulla sponda insulare dello Stretto di Messina, venisse a costituire di lì una grave e duratura minaccia al dominio romano nel Bruzio e nella Lucania, dominio recente e malsicuro, del quale le popolazione osche [In maggioranza erano i Lucani e i Bruttii, in latino, o Brettii in greco, N.d.R.] e greco-italiote non avevano ancora imparato a tollerare la severità e ad apprezzare i benefici.

E pertanto, nel decennio che corse dopo la battaglia di Benevento, nel pensiero della classe dirigente romana si andarono delineando sempre più nette e precise una necessità e un’aspirazione: la necessità che Cartagine non giungesse a dominare lo Stretto di Messina, annullando così virtualmente le garanzie di intangibilità degli interessi romani nella penisola, contenute nel trattato del 306 e riconfermate con quelle del 279…” (Giulio Giannelli–Santo Mazzarino, Trattato di Storia Romana-Volume Primo-L’Italia Antica e la Repubblica Romana a cura di G.Giannelli, Tumminelli Editore, Roma,1962,p.244). Il brano precedente offre una chiara panoramica dei mutamenti politici e diplomatici che Roma si apprestava  ad adottare verso l’antica alleata Cartagine dopo avere ottenuto il dominio nel Bruzio.

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