Limiti e sfide della politica del terzo millennio in Italia

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Ha già fatto un buon tratto di strada la campagna elettorale per le politiche. Mentre scrivo il pezzo mancano due settimane all’appuntamento con le urne. Discese ardite della Lega di Salvini al Sud; registrato il tutto esaurito in platea al cineteatro Odeon di Reggio Calabria, impensabile ai tempi di Bossi. Inchiesta in Campania di Fanpage.it, sito di news, su corruzione e smaltimento rifiuti. I filmati mostrano gli indagati sospetti di corruzione; fra gli altri, un consigliere regionale di Fratelli d’Italia e l’assessore al bilancio al Comune di Salerno del Partito democratico, si è già dimesso. Nella nostra Regione un candidato del PD risulta anche primo dei non eletti in FI al Consiglio regionale; famiglia politica. Leggendo le notizie, mi sono ricordato di Modernizzazione, Famiglia e politica. Le forme di potere in una città del Sud di Antonio Costabile edito da Rubbettino nel 1996; lo studioso era allora prof. a contratto, oggi è Ordinario di Sociologia dei Fenomeni Politici all’Unical. Probabile soffiata velenosa ai conduttori della trasmissione Le Iene che hanno scoperto la rimborsopoli finta di alcuni rappresentanti di 5 Stelle; si tratterebbe di donazioni destinate al microcredito per le piccole e medie imprese da parte di parlamentari pentastellati; già fuori dal movimento quelli che non hanno versato i bonifici, espulsi insieme a candidati massoni. Il 16 febbraio scorso, giorno ultimo di pubblicazione dei sondaggi, è intervenuto ad Agorà, trasmissione di Rai3, Piepoli, decano dei sondaggisti italiani. Ha messo il dito nella piaga a proposito dell’astensionismo: “Rispetto al passato, grosso modo la metà [degli aventi diritto] andrà a votare”. Ha aggiunto: “Sembra che questa legge sia stata fatta per confondere gli elettori”. Senza peli sulla lingua. Invece di promettere l’Eldorado, i leader di partiti  e movimenti dovrebbero spiegare come si vota e, soprattutto, che il voto è congiunto, il voto è unico; non si può votare il candidato e una lista che non lo porta; non si indicano preferenze tra i candidati del listino di partito; chi vota la lista prescelta, attribuisce quel voto anche al candidato; chi segna il nominativo di una lista diversa annulla la scheda; a rischio molte schede per probabili preferenze. Senza contare che la libertà di scelta risulta perlomeno limitata. Per qualche studioso al limite della incostituzionalità. Secondo alcuni politologi, il Rosatellum bis è stato partorito dalle forze parlamentari per mettere in difficoltà i rappresentanti pentastellati; ma potrebbe diventare un boomerang per coloro che l’hanno votato.

Per Roberto D’Alimonte, esperto di sistemi elettorali, sembra difficile che si possa realizzare una maggioranza netta nel tripolarismo italiano (tre schieramenti importanti) centrodestra, centrosinistra, M5S.  Negli ultimi tempi Il nostro Parlamento ha mostrato le proprie difficoltà nel fare le riforme elettorali: nel 2013 la legge Calderoli, il Porcellum, fu giudicata incostituzionale; nel 2017 l’Italicum, riforma elettorale in parte non rispettosa della Carta. Per alcuni costituzionalisti pare che il Rosatellum bis possa correre lo stesso rischio. Insomma una riforma da rifare, anche se ora si pensa al 4 marzo, giorno delle elezioni politiche: è necessario convincere gli aventi diritto a recarsi al seggio elettorale. I recenti appelli del presidente della Repubblica e del primo ministro sono risultati utili per cercare di limitare l’astensionismo, purtroppo segnalato dai recenti sondaggi, non solo da Piepoli. Fenomeno preoccupante degli ultimi decenni: la percentuale di chi si è recato ai seggi è costantemente diminuita ad ogni appuntamento elettorale, tranne qualche eccezione. Finora non si è riusciti ad invertire la tendenza. Specialmente fra i giovani è marcato il disinteresse nella politica. Bisogna tenere presente il cambiamento che c’è stato nel panorama della politica dalla fine del secondo Millennio all’inizio del terzo: diversi movimenti, simboli e luoghi sono nati e continuano a nascere; sempre meno presenti il partito tradizionale e l’elettorato di appartenenza. Per tali problematiche ci sono stati due appuntamenti importanti organizzati dagli studiosi di politica: il primo si è svolto il 4-5 maggio del 2016 al Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Unical di Arcavacata, sul tema La natura del partito e sue trasformazioni nell’età contemporanea; il secondo il 15-17 settembre dello stesso anno presso l’Università degli Studi di Milano dove in occasione del XXX Convegno annuale della Società italiana di Scienza politica è stato realizzato un incontro su La rappresentanza della democrazia del pubblico: problematiche, analisi e teorie. Davide Gianluca Bianchi, docente di European Politics all’Università di Bucarest e analista di policy (politiche concrete, pragmatiche) per Eupoli Lombardia e Francesco Raniolo, prof. ordinario di Scienze Politiche all’Università della Calabria, hanno raccolto alcuni contributi in Limiti e sfide della rappresentanza politica, edito da Franco Angeli. Tanti i passaggi interessanti e importanti per osservare le dinamiche elettorali. Numerose le citazioni come la democrazia del pubblico di Bernard Manin che insegna Scienze politiche alla New York University ed è direttore di ricerca presso l’Ecole des Hautes Etudes en Science Sociales a Parigi. In Principi del governo rappresentativo, pubblicato da il Mulino con prefazione di Ilvo Diamanti, il docente transalpino narra la venuta della democrazia del pubblico, la terza in ordine cronologico dopo quella dei partiti e l’altra precedente del parlamentarismo. Nella terza fase sono scomparse o sono diventate poco visibili le classi sociali e le appartenenze politiche. Si è formata una società complessa, a volte multiforme, frammentata (la società liquida di Bauman) verso la quale la politica ha dovuto adeguarsi per interpretarla. Quando non lo ha fatto ha creato incomunicabilità o difficoltà ad arrivare nei territori molto cambiati rispetto al passato. In una situazione del genere è diventato complicato rispondere alle richieste della società complessa e rispettare il patto elettorale.

Davide Gianluca Bianchi e Francesco Raniolo citano “Governare il vuoto. La fine della democrazia dei partiti” di Peter Mair edito da Rubbettino: “[I partiti] sono ormai disconnessi dalla società e perseguono una forma di competizione così insignificante che non sembrano portare avanti il progetto democratico”. Da qui sono nate la sfiducia e la diversa visione, quella dell’antipolitica. Così è comparsa un’offerta elettorale di partiti di protesta e populisti. Ma già in questa campagna elettorale alcuni stanno mostrando un certo cambiamento che li allontana dal movimentismo protestatario dei primi tempi. Cominciano a parlare di programma e di governo. Speriamo bene. La storia repubblicana ci dice che la politica rappresentativa si è sempre adattata ai cambiamenti, o perlomeno li ha interpretati resistendo. E viceversa. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra responsabilità e responsività (rispondere alle esigenze dell’elettorato). Mi piace chiudere con quanto scritto nell’ultima pagina dell’introduzione. Nonostante i limiti della rappresentanza politica “non si possono immaginare alternative valide dal punto di vista funzionale per l’operatività delle nostre democrazie”. Forse è opportuno fare leggi per l’elettorato e la governabilità. Come per i precedenti si consiglia la lettura del libro ai candidati per il futuro Parlamento italiano.

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