Se una zona grigia diventa chiara

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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“Evidentemente non si può stringere un accordo con una struttura mafiosa, se non avendo la piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi”. Con tali motivazioni la Cassazione ha confermato la condanna a 5 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici nei confronti di un imprenditore, ex parlamentare calabrese, per concorso esterno in associazione mafiosa. I giornali regionali hanno riportato la notizia qualche settimana fa, quando sono state depositate le motivazioni della sentenza dove si legge che l’ex deputato ha favorito l’organizzazione delinquenziale e, quindi, secondo quanto scritto dai supremi giudici, non doveva essere sottoposto dalla stessa ad estorsione. Non è bastata la difesa di avvocati illustri, fra cui un ex ministro della Repubblica. Un’altra zona grigia calabrese è diventata chiara  grazie alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura.

Raffaele Cantone, in passato, come magistrato della Direzione distrettuale antimafia napoletana, si è occupato delle indagini su pericolosi camorristi condannati poi all’ergastolo, fra cui Francesco Schiavone, soprannominato Sandokan. Oggi è giudice del Massimario di Cassazione. Nel suo libro “I Gattopardi” descrive diffusamente le zone grigie, un che d’indistinto e incerto, agli occhi di una parte dell’opinione pubblica, magari inconsapevole o che non vuol vedere. Nelle pagine introduttive racconta di un architetto capomafia in Sicilia dalla doppia vita: di giorno elaborava progetti come professionista e s’impegnava in politica; la sera si riuniva con i picciotti del suo clan. E’ stato filmato mentre andava a ritirare le buste con i soldi delle estorsioni. Ai vertici della cosca, c’era un suo collega, un altro architetto, e un avvocato vicino alla squadra di calcio del capoluogo dell’Isola. Non solo al Sud. Nel 1991 venne arrestato un agente finanziario che aveva gli uffici a pochi passi dal Duomo di Milano. Esperto in riciclaggio di denaro sporco, non ha mai voluto collaborare con i magistrati. Oggi, dopo più di vent’anni, le cronache sono affollate di banchieri, commercialisti, manager che, dai loro studi nei condomini, bene accettano di lavorare con i clan e per i clan (p.11).

Le organizzazioni delinquenziali scelgono i cavallucci (soprannome dato ai candidati nelle diverse tornate elettorali) su cui puntare, cercando di evitare i quattro peccati capitali descritti dalla sapienza criminale di Bernardo Provenzano in un pizzino dove si sostiene che il politico scelto può diventare: truffaldino, sbirro, sprovveduto, grande calcolatore. Allora si cercano e si scelgono giovani puliti e soprattutto fedeli: è, appunto, la nuova generazione di Gattopardi selezionata negli enti locali e continuamente sotto osservazione perché i 4 peccati capitali summenzionati sono sempre in agguato (p.183).

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