I Francesi nella Calabria napoleonica: conquistatori e … costruttori

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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 Nel 1806 Giuseppe Bonaparte, fratello dell’imperatore Napoleone, occupò il Regno di Napoli e ne divenne re; la corte borbonica si era trasferita a Palermo sotto la protezione della marina britannica, che aveva il dominio sui mari dopo la distruzione della flotta francese a Trafalgar, località spagnola a circa metà percorso tra Gibilterra e Cadice (21 ottobre 1085). Per tale motivo la Calabria si venne a trovare al centro del conflitto tra la vecchia e la nuova Casa regnante, divenendo un luogo di violenti scontri armati, di ribellioni, di sanguinose repressioni e… di opere pubbliche, sulle quali ci si soffermerà in modo particolare, facendo dei confronti tra le due dinastie. I primi interventi infrastrutturali dei Francesi invasori riguardarono la viabilità, che si trovava nelle condizioni descritte nel testo che segue: “La maggior parte dei viaggi si svolgeva, quindi, via terra. Si trattava di viaggi lunghi, pieni di pericoli e incognite. La ragione principale del disagio non era la distanza, ma lo stato disdicevole delle strade in Calabria di cui tutti, proprio tutti, si lamentavano raccontando storie raccapriccianti. Le strade dirupate costringevano a frequenti riposi, cambi di cavalli, muli, carrozze, a guadi, lunghi passaggi a piedi, rallentando notevolmente il tempo di percorso. Così, se tutto andava bene, il viaggio da Napoli a Cosenza durava cinque giorni, per Catanzaro ce ne volevano otto, per Reggio nove [...] Le Calabrie avevano la loro grande strada nota come la Consolare o la Strada Nuova o la Strada Regia o, semplicemente, come Via Popilia. Un ramo della Via Appia, la costruzione di Via Popilia fu iniziata probabilmente durante il consolato di Popilius, attorno al 170 a.C., secondo l’ipotesi momsenniana, e terminata sotto un altro pretore. Nel Cinquecento, il viceré duca d’Alcalà la prolungò fino a Reggio, ma a causa di scarsa manutenzione, essa degenerò di nuovo. Questa «strada delle Calabrie».

ammodernata negli anni 1778-93, durante il regno di Ferdinado IV, era il proseguimento della Napoli – Salerno – Lagonegro fino a Cosenza, passando per Mormanno e Castrovillari, e di lì continuava fino a Catanzaro. La diramazione per Nicastro proseguiva con la Tirrena Inferiore per Villa San Giovanni, donde un sentiero naturale “menava” a Reggio. Ma quando il nuovo re Giuseppe Bonaparte arrivò nel 1806 a Lagonegro scoprì che la strada rotabile terminava lì e fu costretto a continuare il percorso a cavallo. Il re Murat la portò nuovamente fino a Castrovillari e, dopo la restaurazione, i Borboni la completarono […] La costruzione delle strade nuove era uno dei topoi principali di tutti i modernizzatori del Regno, borbonici, francesi o italiani che fossero. Già Galanti, nel 1792, lodava i tagli per la nuova strada che si stava effettuando a Lagonegro, Castelluccio e Rotonda, i pezzi della strada già fatti a Lauria e a Morano e quelli in costruzione verso Castrovillari. Lamentava però, giustamente, che queste costruzioni interessavano solo la costa occidentale, mentre necessitavano collegamenti tra i due mari come, ad esempio, uno tra Catanzaro e Nicastro, nonché una strada da Cotrone [Allora si chiamava così la Città Pitagorica, N.d.R.] a Stilo. Il governo francese tentò. James Elmhirst, un ufficiale inglese il quale, in quanto prigioniero dei francesi nel 1809-10, non può essere tacciato di parzialità nei loro confronti, ammette che «le strade di qui, come di tutte le parti del regno, sono state molto migliorare da quando governano i francesi». E poi, di nuovo, tentarono i Borboni” (Marta Petrusewicz, Viaggiare nell’Ottocento, da o per la Calabria, in ‘La Calabria nel Mediterraneo. Flussi di persone, idee e risorse- Atti del Convegno di Studi- Rende, 3-5 giugno 2013’ a cura di Giovanna De Sensi Sestito, Rubbettino, Soveria Mannelli, pp. 379-383). Gli interventi nelle infrastrutture riguardarono non solo le strade, ma anche i porti ed alcune opere di bonifica nelle zone paludose per lo più nelle aree alluvionali costiere per come viene delineato nel brano seguente: “Gli interventi del governo francese per migliorare o creare ex novo le infrastrutture essenziali per una società civile sono notevoli, anche se entro l’arco del decennio le opere avviate non giungono a conclusione. In particolare, la carenza di vie di comunicazione è sentita dalla popolazione, i cui disagi sono aggravati dall’orografia della regione che rende ardua e costosa la circolazione di uomini e derrate.

Per altro, le esigenze dei trasporti militari – inibiti per via mare dalla presenza della flotta inglese – impongono la necessità di realizzare una rete viaria che serva anche alle finalità militari, da ciò prende l’avvio l’azione coattiva nei confronti dei comuni che sono obbligati a fornire la manodopera per la costruzione delle strade che attraversano il territorio; gli arbitrari interventi delle autorità militari, con imposizioni al di sopra delle reali possibilità, rendono la vita difficile ai comuni che spesso non riescono a recuperare i fondi anticipati, che non di rado sono presi in prestito con gli oneri degli interessi […] Molti comuni si trovano perciò impegnati in costruzioni di tronchi stradali di vitale importanza per la comunità, ma spesso i tentativi naufragano  nei debiti: così il tronco Marcellinara- Catanzaro; la costiera Maratea- Tortora- Aieta-Casaleto- Scalea, con la prosecuzione del tracciato fino a Sambiase e Nicastro, per evitare i pericolosi passi di Campotenese [..] Anche il problema delle bonifiche, per la mole dei lavori e la carenza dei fondi necessari, sfocia nel velleitarismo. I terreni paludosi in Calabria sono molto diffusi e, oltre al danno derivante dalla sottrazione di vasti comprensori pianeggianti all’agricoltura, costituiscono l’insidia per la salute pubblica, a causa dello sviluppo dell’anofelismo e della conseguente malaria. Secondo una relazione del Colletta, i terreni interessano 20 comuni calabresi ed una popolazione di 20.023 abitanti; gli stagni di Sant’Eufemia e di Rosarno sono la conseguenza delle inondazioni dell’Amato e del Mesima, mentre la laguna di Gizzeria si è formata in seguito al sisma del 1783. Con decreto di Murat si dispone il prosciugamento delle paludi di Gizzeria, Sant’Eufemia, Bivona, Sinopoli, Santa Cristina, Terranova, Stilizzano e di altre minori …]. Lo scarso numero dei porti, rispetto allo sviluppo costiero, e l’insufficienza di essi è un antico problema calabrese: gli errori di progettazione, la natura dei fondali ed i frequenti interrimenti costituiscono i punti dolenti [...] Il Consiglio Provinciale di Calabria Ultra ribadisce la necessità di potenziare il principale porto della regione, quello di Crotone, per assicurare alle derrate agricole, un agevole sbocco commerciale […] Il Consiglio Provinciale rileva la necessità di costruire sul versante tirrenico un porto a Tropea o a Sant’Eufemia, tanto più che la marina di Pietrenere -  dove s’imbarcano l’olio ed il vino della piana di Gioia- non offre attracchi agevoli, è esposta ai venti con gravi rischi per i natanti e trovasi in zona malsana e malarica” (Giuseppe Brasacchio, Storia Economica della Calabria- Il Decennio Francese – 1806/ 1815, Vol.V Edizioni EffeEmme, Chiaravalle Centrale, 1980,  pp. 136-139). Al fine di esplicitare chiaramente la diversa modalità e tempestività nell’esecuzione dei lavori pubblici tra il periodo borbonico e quello francese si riporta il passo seguente: “Squassata dai terremoti del febbraio-marzo 1783, la Calabria meridionale era stata interessata da una complessa operazione di pianificazione territoriale a vasta scala attraverso la quale si operò alla ricostruzione e trasferimento dei centri distrutti totalmente o danneggiati, alla bonifica dei terreni malsani ed al riassetto del regime idrogeologico dei corsi d’acqua, all’estensione della rete viaria, alla tutela e conservazione del patrimonio artistico e in vari altri settori.

Si procedette speditamente all’attuazione dei piani di ricostruzione e ad altre opere di consolidamento dei suoli e al prosciugamento di vaste zone malariche; ma, sul finire del secolo, a causa delle vicende politiche che interessarono il Regno di Napoli, dopo un primo rallentamento delle attività, seguì il blocco completo nel settore dei lavori pubblici. La ripresa si manifestò vigorosa nel primo quindicennio del secolo XIX quando, per l’impulso dato dai Francesi nella parentesi napoleonica (1806-1815 ), con il rinnovamento delle strutture burocratiche e amministrative, si attuò una nuova politica di interventi coordinata tra i diversi settori […] Un primo impulso per la ripresa generale dei lavori nella città di Reggio fu dato nel 1810 da Gioacchino Murat, che stabilì che si procedesse alla installazione di un impianto di lumi per l’illuminazione pubblica della città, all’edificazione del Teatro e ad opere di irrigazione nelle campagne vicine a centro urbano; mentre si erano iniziate nella provincia, già dal 1808 e proseguite nel 1809, le opere di sistemazione della rete viaria, specialmente nella direttrice Nord-Sud, in corrispondenza del tracciato dell’antica strada consolare, necessarie per favorire rapidi spostamenti di truppe, essendo la Calabria Meridionale frequentemente esposta alle incursioni degli anglo-borbonici che operavano continui attacchi dalle basi della vicina Sicilia. Motivi bellici pertanto favorirono un primo intervento sulla viabilità per terra, critica nella regione per lungo tempo” (Renato Giuseppe Laganà, Lavori Pubblici in Città e Provincia di Reggio Calabria nell’Ottocento e nei Primi Anni del Novecento in ‘ Deputazione di Storia Patria per la Calabria- Aspetti e Problemi di Storia della Società Calabrese nell’Età Contemporanea – Atti del Convegno di Studio Reggio Calabria- 1- 4 Novembre 1975’, Editori Meridionali Riuniti, 1977, Reggio Calabria, pp.259- 261 ). Da quanto sopra esposto emerge il notevole impegno dei Francesi negli interventi pubblici per le infrastrutture in Calabria durante la loro dominazione.

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