Mostra su Tolkien: il ministro non ha letto il Signore degli Anelli

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_80da1_19973_ea258_59f1c_e96f0_cec4f_df014_db513_eb6b5_f8fb1_2c83a_da5cd_ac61d-1_c49d8_8a9fc_0ddc4_dbb45_3e055_c8aac_3902e_9b8e8_82be7_7dcc5_55d19_1497a_40b91_feee3_9e95e_59ada_e1ecc_4_68342.jpgTolkien si starà rivoltando nella tomba di fronte alla mostra a lui dedicata in questi giorni a Roma. Secondo il curatore, Tolkien fu paladino dell’ordine occidentali, di un “bene” inteso in modo manicheo e perfino dell’ “individuo” dei liberisti. Sangiuliano crede così di aver accreditato i valori della sua parte politica. Ma se Salvini o la Meloni sapessero come vivevano gli Hobbit o gli Ent del Bosco di Fangorn o gli Elfi della Foresta di Lothlorien, quanta lentezza, pigrizia, sobrietà, quanto rifiuto del produttivismo, della sfrenatezza vitalistica, della bulimia consumistica, quanto “collettivismo” vi fossero nei personaggi usciti dalla fervida fantasia del professore britannico, come minimo ne ordinerebbero la precettazione e magari anche l’epurazione dal testo.

Dalla mostra su Tolkien è stata completamente espulsa, invece, l’abiura di qualunque potere che trasuda, invece, da ogni pagina de “Il Signore degli Anelli”. Il Ministro non ha proprio capito (forse perché deve ancora leggere, come gli è accaduto per i libri del Premio Strega) che tutta l’opera ruota su questo tema fondamentale: l’anello del potere viene rifiutato da tutti i “buoni” per timore che esso possa corromperli! Il simbolo di potere viene affidato, invece, ad un piccolo, tenero, goffo hobbit (Frodo), che ha il compito non di usarlo, ma di gettarlo nel magma infuocato del Monte Fato.

NeI popoli della "Terra di Mezzo" la libertà dell’individuo cede il passo al bene delle comunità, ciascuna di esse rispettata nella sua distinzione “culturale”. Gandalf, il saggio buono del romanzo, rifiuta l’anello del potere offertogli da Frodo, per salvare l’antico mondo valoriale dalla distruttività del male (il potere e la modernità fraintesa). Non un male isolato e lontano, ma un male, invece, che junghianamente si trova in ciascuno di noi, sempre in agguato. Altrimenti non si comprenderebbe un personaggio come Saruman, il capo del Bianco Consiglio, corrotto dalla sete di potere. Alla fine, non sarà il “buono” Frodo da solo a gettare l’anello nella voragine di fuoco dell’Orodruin. Tutto si compirà grazie al contributo fondamentale del “cattivo” Gollum – come aveva profetizzato Gandalf – che, proprio mentre Frodo è tentato dal potere malefico dell’anello ed indugia impietrito sull’orlo del vulcano, gli stacca il dito con un morso e precipita insieme al simbolo del potere nell’abisso.

“L’occidente cortese” di Tolkien non è affatto quello che immagina il Ministro, non è fatto di Dio, patria e famiglia. I grandi valori dell’occidente contemporaneo, tecnica, profitto, spietatezza, Tolkien li attribuisce, invece, proprio a Sauron, il campione del male. Mentre i buoni sono semplici, sobri, solidali, ecologici. E i buoni, infine, pur costretti a combattere contro i cattivi, sanno bene che non sarà la guerra a cambiare le sorti del mondo, ma solo quel piccolo gesto che Frodo, con l’aiuto di Sam, il suo fido scudiero (e qui mi viene in mente il Don Chisciotte di Cervantes), e con quello inatteso di Gollum, dovrà compiere sul Monte Fato. Tolkien non fu affatto ottimista con il mondo moderno, con la fede nel genio dell’uomo, se è vero che Frodo e gli Elfi, alla fine di tutto, abbandonano la Terra di Mezzo per fuggire di là dal mare … verso l’ineluttabile “tramonto dell’Occidente”.

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