Quale Federalismo differenziato tra Questione Settentrionale e Questione Meridionale?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgNei giorni scorsi si è riunito il Consiglio dei ministri per affrontare l’autonomia regionale. Momento successivo di tanti altri i cui primordi si ritrovano alla fine del secolo scorso nella proposta di legge costituzionale: “Ordinamento federale della Repubblica”. Tappa importante il referendum a fine ottobre 2017 di Lombardia e Veneto a cui si è aggiunta l’Emilia Romagna. Ho scritto allora (l’articolo è stato pubblicato il 12 dic. del 2017) auspicando un incontro tra Questione Settentrionale e Questione Meridionale “ai fini di una narrazione condivisa”. Oggi sembra che il cammino sia iniziato in maniera divisiva all’interno del governo tra ministri leghisti e pentastellati. In allarme governatori del Sud e rappresentanti della Cgil. Il primo ministro Conte ha già le tre bozze d’intesa delle tre regioni protagoniste di cui sopra. Sembra che Piemonte e Liguria siano sulla stessa linea. Le tre bozze dovranno ricevere il pass dalla Bicamerale degli Affari Regionali e, come disegni di legge, l’approvazione delle due Camere. Numerosi deputati e senatori hanno manifestato il loro dissenso. Si sta creando un’opposizione trasversale di parlamentari meridionali.

Nei giorni scorsi si è svolto un incontro a Montecitorio sul Regionalismo differenziato. Relatori di un certo rilievo Adriano Giannola, presidente della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), Massimo Villone, Senatore della Repubblica e professore emerito di Diritto Costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli, Andrea Patroni Griffi, professore di Diritto Pubblico presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università partenopea, Eugenio Mazzarella, prof. ordinario di Filosofia teoretica all’Università Federico II. Ho seguito in internet i diversi interventi, molto interessanti. Il prof. Mazzarella ha evidenziato alcune contraddizioni della Lega: mentre in Europa afferma il sovranismo, in Italia si fa promotrice del Regionalismo differenziato. Tale eventualità aggraverebbe la fragile unità del nostro Paese. Poi le rivelazioni del senatore Villone a proposito di preaccordi con il precedente governo in prossimità delle elezioni politiche. Si era arrivati alla pre-intesa senza dibattito pubblico. Se continuerà questo tipo di iter si potrebbe realizzare un iper-centralismo regionale a discapito dello Stato. Il professore Patroni Griffi ha posto l’accento sul fatto che bisognerebbe stabilire prima quali sono i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e poi organizzare il federalismo differenziato. Sulla stessa falsariga degli altri relatori, ha raccomandato un intervento del Parlamento per evitare che l’intesa (Stato-Regioni), una volta raggiunta, passi senza possibili modifiche. Infine ha ricordato una triste profezia del cosentino Fausto Gullo, deputato della Costituente: “Fausto Gullo sottolineava come le politiche contrarie agli interessi del Mezzogiorno fossero condotte con la complicità vergognosa della classe dirigente meridionale”.

Mi soffermerò più a lungo sulla relazione di Adriano Giannola perché ha chiaramente messo in luce i limiti dell’autonomia differenziata, proposta senza tenere presente la Costituzione. Inoltre ha dimostrato come la contabilità del residuo fiscale non è stata fatta in modo corretto dalle regioni referendarie. Il presidente della Svimez aveva già pubblicato l’anno scorso, insieme al professore Gaetano Stornaiuolo, un’analisi sul federalismo differenziato nell’ultimo numero della Rivista economica del Mezzogiorno edita dalla stessa Associazione. Nel suo intervento ha ribadito, in sintesi, quanto scritto sull’autonomia: l’avvio di una confederazione di mini-stati (le regioni) con diritti di cittadinanza differenti a diverse latitudini. Per i due studiosi non si deve “compromettere il requisito di solidarietà nazionale”; è importante aspirare ad un federalismo cooperativo; nel contempo bisogna utilizzare le risorse con efficacia ed efficienza. Tra le materie concorrenti ci sono la sanità e, in particolare, le norme generali dell’istruzione con il rischio “di trasformare beni pubblici nazionali in beni pubblici locali”. Poi si vuole il superamento dei costi storici pe arrivare ai costi standard senza avere prima stabilito quali debbano essere i costi standard e i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), come stabilisce la legge 42 (legge Calderoli), ancora non operativa dopo 10 anni: garanzia di diritti su tutta la Penisola, uguali per tutti, però è prioritario determinare i fabbisogni standard ed in regime di costi standard i livelli essenziali delle prestazioni, in ossequio all’art. 119 della Costituzione. Sul residuo fiscale, bisogna prendere in considerazione quello con gli interessi: il Residuo Fiscale- Finanziario. Dalle tabelle allegate all’analisi emerge una prudenziale stima del Residuo Fiscale 2014: per la Lombardia non è di 40 miliardi come sostiene qualcuno del Nord, bensì di 13 miliardi; per il Veneto e l’Emilia Romagna, rispettivamente di oltre 12 e oltre 11 miliardi. si riduce per entrambe a circa 2 miliardi.

Sarebbe necessario, quindi, che si mettesse un po’ d’ordine su questi dati attraverso l’intervento del Parlamento. Per questa ragione, alla fine dell’incontro, è stato raccomandato ai presenti la creazione di un intergruppo parlamentare protagonista di una mediazione che tenga conto di un necessario equilibrio tra potere centrale ed enti periferici. Non ho dubbi sull’analisi fatta dagli addetti ai lavori di cui sopra: ragionamenti, approfondimenti e, soprattutto numeri e contabilità convincenti che dovrebbero far riflettere i federalisti che auspicano un Paese a due o più velocità regionali. Ma accanto alle omissioni e ai difetti di contabilità summenzionati si dovrebbero giustapporre le difficoltà attuali del Meridione a causa della crisi economica. Ai fini della completezza del pezzo si fa riferimento a quanto scritto sul meridionalismo in precedenza. Per l’oggi si rimanda alla lettura dell’articolo de il Lametino sulla inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti. Il virgolettato del procuratore regionale della Corte dei Conti, Rossella Scerbo, riconduce alle omissioni nei nostri enti pubblici (in alcuni totale in altri parziale): “Nell’esercizio della nostra attività abbiamo rivelato una totale omissione da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere o in alcuni enti locali dell’obbligo di presentare alla Corte dei Conti i conti giudiziali”. Così il quadro delle problematiche è completo. A mio modesto avviso resta ancora attuale una parte della chiusa del pezzo del sottoscritto (dic. 2017) sui risultati del referendum in Lombardia e nel Veneto: “Considerata l’Italia una Repubblica una e indivisibile [che] riconosce e promuove le autonomie, diventa auspicabile l’incontro tra Questione Meridionale e Questione Settentrionale” … ai fini di un’autonomia equilibrata, solidale, cooperativa che rispetti le esigenze di tutte le regioni italiane nei prossimi anni.

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