Sondaggi, sondaggiocrazia, sondomania e campagna elettorale perenne

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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 I sondaggi sono ormai presenti quotidianamente sulla carta stampata, nei talk televisivi, sui social. Alessandra Ghisleri è tra le più accreditate per le indagini demoscopiche: invitata dalle tv e intervistata dalle testate giornalistiche. Pagnoncelli, Ilvo Diamanti, Renato Mannheimer, altri politologi e sociologi esperti in rilevamenti demoscopici che mi vengono in mente mentre scrivo; anche loro seguiti dai media. Ghisleri è stata la sondaggista di Berlusconi che “ha sempre ascoltato il Paese reale attraverso i sondaggi”. Prima della direttrice di Euromedia Reasearch, il sondaggista del leader di Arcore era Gianni Pilo, “lo stratega della discesa in campo a metà degli anni ’90”. Come riferisce Maurizio Caverzan nel suo blog Cavevisioni: “… con la sua Diakron [l’istituto di sondaggi di Pilo] azzeccò sia la vittoria di Silvio Berlusconi nel 1994, sia quella successiva di Romano Prodi nel 1996”. Deputato per due legislature; poi è uscito di scena. Alla fine del Secondo Millennio in molti ironizzavano sul Cavaliere perché dava molta importanza ai sondaggi, specialmente la sinistra non li riteneva rilevanti. Ma già agli inizi del 2000 il centrosinistra cominciò a sondare la pubblica opinione. Oggi predomina la sondomania in politica, a destra e a sinistra. Ho letto per la prima volta in Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione di Stefano Rodotà, ed. Laterza 1997, il neologismo sondocrazia [o sondaggiocrazia: il primato dato ai sondaggi, Treccani] apparso all’imbrunire del secolo scorso. Riporto un passaggio del saggio citato: “Più in generale, si deve ricordare che le tecnologie elettroniche rendono sempre più agevole il ricorso a sondaggi frequenti e generalizzati. Si sta così determinando un generale spostamento d’attenzione dall’occasione elettorale (singola e periodica) ai sondaggi (molteplici e ripetibili in qualsiasi momento)”. Due anni dopo la nuova parola nella seconda edizione di Homo Videns di Giovanni Sartori, ed. Laterza, politologo italiano, scomparso qualche anno fa, fra i massimi esperti di Scienza politica a livello internazionale. L’edizione del 1999 è identica a quella dell’anno precedente tranne l’appendice in aggiunta dove si legge: “Sondocrazia (sondaggiocrazia), l’ascolto, anzi l’auscultazione dei rappresentati diventa pressoché quotidiana”. Nel 2002, il termine sondomania ne La partecipazione politica di Francesco Raniolo, ed. il Mulino, professore ordinario di Scienza Politica all’Unical: “Il sondaggio può essere definito come un modo di raccogliere delle informazioni su una popolazione attraverso interviste ad un gruppo di persone (campione) rappresentativo di questa stessa popolazione”.

 Di notevole interesse il lavoro di Giovanni Salvatore Sanna, Governare i sondaggi: il rapporto tra politica e demoscopia, una tesi di storia comparata discussa alla Luiss Guido Carli nel 2012. Fin dalle prime pagine parla di Repubblica dei sondaggi, di deriva sondocratica, di campagna elettorale permanente. Quindi, negli anni a seguire, la diffusione senza limiti delle indagini demoscopiche. Tanto è vero che è dovuto intervenire il Parlamento italiano con la legge 28/2000 (Art. 8) per regolarne l’accesso ai mezzi di informazione. Nel terzo capitolo del lavoro di Sanna viene datato il primo sondaggio, fatto dal giornale locale Harrisburg Pensylvanian durante le elezioni statunitensi del 1824. Vennero pubblicati “i risultati di una consultazione fra i propri elettori” ai quali veniva chiesto per quale candidato avrebbero votato. Si può definire proto-sondaggio, sondaggio preelettorale. Fu denominato metaforicamente voto di paglia, straw poll o straw vote, perché era paragonato ad un anemometro (strumento per misurare la velocità o la pressione del vento), in grado di indicare verso dove soffiasse il vento, secondo il vecchio detto popolare americano: “ Throwing a piece of straw in the wind, to see which way it is blowing , lanciare  un pezzo di paglia al vento per vedere da che parte sta soffiando”(Paolo Natale, Il sondaggio, ed. Laterza, 2010; Sanna, Governare i sondaggi … Luiss, 2012). Addirittura andarono a votare le donne che non avevano ancora ottenuto il diritto di voto. Solo negli anni ’30 del Novecento si creano negli USA le prime agenzie demoscopiche “specializzate nelle indagini di mercato”. I sondaggisti più accreditati: George Gallup ed Elmo Roper, “tra i pionieri delle indagini a campione”. Anche Mussolini si mostrò interessato ai primi sondaggisti americani per conoscere meglio l’opinione d’Oltreoceano verso l’Italia; soltanto per questo motivo; non utilizzerà mai i sondaggi per ragioni di consenso. Dopo la Liberazione, con la nascita della Repubblica i primi sondaggisti italiani: Pierpaolo Luzzatto Fegiz e Paolo Fortunati, rispettivamente nell’Università di Trieste e nell’Ateneo bolognese.

 Questa breve sintesi per evidenziare che la storia dei sondaggi abbraccia circa due secoli, è stata prima americana, poi è arrivata in Europa, quindi in Italia. Quella della cosiddetta Seconda Repubblica è la più recente, tutta italiana; va, all’incirca, dal 1994 ad oggi. Nel Terzo Millennio è diventata complessa, sofisticata; si è avvalsa efficacemente dello strumento elettronico. Ma non sono mancati i flop. Per non urtare l’ipersensibilità della politica italiana, ma anche di giornalisti, anchorman, sondaggisti, per le trascorse polemiche e le reciproche accuse sulla guerra dei sondaggi o sulla loro scarsa obiettività, ritorno in America per fare l’esempio della vittoria elettorale di Trump, non prevista dai sondaggisti statunitensi. Basta e avanza. Chissà se ci azzeccheranno ai prossimi appuntamenti con l’urna; a breve si terranno le elezioni sia in America che in Italia. Bisogna uscire dalla sondaggiocrazia totalizzante; il sondaggio è efficace per la conoscenza dell’elettorato, dei suoi umori, della sua volatilità. Mentre la complessità dei problemi chiede riflessione e razionalità all’elettore per la scelta dei rappresentanti; purtroppo l’emotività della “democrazia del pubblico” viene presa in grande considerazione da certa politica e da alcuni addetti ai lavori, durante le campagne elettorali e non solo. Addirittura si ha l’impressione che i sondaggi siano al di sopra della politica. Le indagini demoscopiche dovrebbero servire a dare un contributo ai sistemi democratici nel comprendere la società; un contributo d’analisi da consegnare a partiti, movimenti e governanti in modo da affrontare e risolvere le problematiche in condizioni di efficacia ed efficienza.  Al riguardo Marco Valbruzzi docente di Scienza Politica e Politica Digitale alla Federico II di Napoli: “…la pigrizia dei politici non giustifica quella degli studiosi, che hanno il compito di fare pensieri lunghi, di non accontentarsi dei sentiment del momento [l’emotività della rete], ma di analizzare con meticolosità (…) quello che sta accadendo nella società. Totalmente succubi dei sondaggi, abbiamo subito la dittatura del qui ed ora, dimenticandoci che esiste una storia che condiziona l’oggi…”. Si rischia di rimanere influenzati dai sondaggi e di perdere di vista la realtà con i suoi problemi che devono trovare una soluzione. Con la sondaggiocrazia al primo posto si rimane appesi ad una campagna elettorale perenne…parlando al futuro e …aspettando Godot.

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