Steve McCurry ci racconterà i roghi dell'Aspromonte  

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

© RIPRODUZIONE RISERVATA

francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_5177a_37863_9c179_3f6c2.jpgUna decina di giorni fa mi chiama un amico importante: "ti va di accompagnare il grande fotografo Steve McCurry per scattare foto degli incendi in Calabria? L'agenzia che cura la sua trasferta ci chiede una guida." Declino l'invito. Consiglio di farlo partire dall'Aspromonte, dove i tragici roghi sono ancora attivi, e fornisco nomi e recapiti di guide del parco. Eppure ero libero ed avrei avuto l'onore di stare accanto ad uno dei mostri sacri della fotografia contemporanea. Perché mi sono rifiutato? Innanzitutto perché ero ancora alle prese con gli incendi, anche in zona mia, e non volevo distrarmi. E poi perché non mi fido dei reporter che vengono a raccontare (sia per iscritto che fotograficamente) la Calabria senza neppure conoscerla. Con l'Aspromonte, poi, ebbi un'esperienza di questo tipo che mi ha molto segnato. Accompagnai - gratis ed in periodo per me lavorativo - per cinque giorni - nel 1988 (quando si doveva istituire il parco nazionale grazie al WWF ed al senatore Sisinio Zito - un fotografo ed una giornalista di una grande rivista italiana per vedere i luoghi più eminenti del massiccio per farne un servizio che uscì in ottobre. Il risultato fu frustrante. La giornalista era totalmente disinteressata alle bellezze naturali e culturali che le mostravo e mi chiedeva sempre di portarla alle lapidi dei morti ammazzati ed ai cartelli stradali sforacchiati dalle lupare. Il povero fotografo, invece, si prodigò in tutti i modi a ritrarre boschi, cascate, rupi, alberi monumentali, paesaggi incantati. Ma l'ultima sera, dopo un colloquio telefonico con l'art director del giornale, il fotografo tornò tutto scornato al tavolo dove stavamo cenando. L'art director gli aveva detto: "Alla gente non frega nulla delle cascate e dei boschi.

Nell'immaginario collettivo l'Aspromonte è i greti delle fiumare, le stente macchie di cespugli sui lati, e le capre con i pastori che percorrono zone calancose. È quello che dovevi fotografare!" Quando uscì il servizio rimasi basito per l'assurda scelta delle immagini: l'apertura era una grande veduta della frana Colella con le pendici dirupate e senz'alberi, spacciata, testualmente, per "Panorama dell'Aspromonte dalla vetta del Montalto", da dove, viceversa, si vedono solo boschi a perdita d'occhio. Ma non basta: il giornale acquistò le foto di un inglese da aggiungere a quelle dell'altro fotografo, che ritraevano, appunto, paesaggi lunari, con alberi incendiati, operai forestali ed una brutta immagine dello Stretto di Messina. Ora, McCurry sarà anche un grande fotografo, ma sono quasi certo che il committente (un'altra nota e grande rivista) gli ha già spiegato qual è il "suo" Aspromonte e lo ha diffidato dal ritrarre cose che non combaciano con quello stereotipo. O tutt'al più McCurry ha già in testa le foto che scatterà. Tant’è vero che è stata diffusa via social la foto che ritrae il set di McCurry con una modella davanti al moncone di un patriarca arboreo che ancora arde. E non mi pare una cosa di buon gusto. Mi auguro di sbagliarmi. Ma è questa la ragione per la quale non mi fido di giornalisti, fotografi e scrittori di viaggio (non parliamo poi, di quelli delle varie trasmissioni televisive linee verdi, blu e rosse ed anche di qualche cineasta) che con una scappata mordi e fuggi hanno poi la presunzione di spiegarci cos'è la Calabria e come sono i calabresi, perpetuando o producendo stereotipi, pregiudizi, luoghi comuni che poi diviene molto difficile eradicare. Un paio di estati fa, incontrai un importante giornalista italiano di origini calabresi col quale eravamo amici. Passava per caso da un piccolo borgo di Platania dove stavo accompagnando una grossa comitiva a visitare le vicine cascate ed i ruderi del villaggio. Lo feci entrare anche nelle case degli unici abitanti rimasti. Alla fine del giro, prima di andar via, mi chiese: "Hai visto il film di Mimmo Calopresti?" Risposi di no. E lui, tutto gongolante: "devi vederlo! Solo così potrai capire l'Aspromonte". Paradossi del giornalismo: chissà perché il mio amico, che viveva a Roma e in Aspromonte non c’era mai stato, si era convinto che io, che da quarantadue anni percorro a piedi quelle montagne, avessi bisogno, per conoscerle davvero, del punto di vista di un regista che ha visto solo un piccolo angolo dell’Aspromonte giusto di tempo di ambientarvi una finzione!

© RIPRODUZIONE RISERVATA