Vito Teti e la fiaba di Mimmo Lucano

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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  Poche sere fa ad Acri, al premio Padula, Vito Teti ha riproposto la sua meravigliosa lettera sulla fiaba di Mimmo Lucano, che era presente, l’ha ascoltata davanti ad un pubblico di un quasi 200 persone, visibilmente commosso. ‘’C'era una volta un paese che soffriva di solitudine e di tristezza. Era vuoto, quasi tutti i suoi abitanti stavano andando via e lui si lasciava lentamente morire. Un giorno, i Santi Cosma e Damiano, patroni del paese, chiesero consiglio a Nostro Signore che, con gli Apostoli, girava per il mondo e si era fermato a bere nella fontana del paese. Aveva avuto un pane da una brava donna e disse: in questo paese scomparirà la fame e trionferà la carità. Fu così, dopo una lunga decisione, che fu chiamato un giovane povero e volenteroso che amava quel paese. E Mimmo Lucano cominciò a pensare che quelle case vuote e cadenti potevano essere salvate e ricostruite. Immaginò che i vicoli e le strade desolate potevano essere riaperti a una nuova vita. Chiese a Nostro Signore gli asinelli perché si occupassero di rendere bello il paese, trasportando lontano le sporcizie e i rifiuti. E un giorno nel mare in cui erano apparsi i SS. Cosma e Damino e i Bronzi (anche i Bronzi, anche i Santi, anche Cristo e gli Apostoli del Vangelo popolare venivano dal mare e dall' "Africa") giunse una carretta con bambini, donne, uomini. Fuggivano, come ai tempi di Erode, dall'Iraq e dal Kurdistan, dalla Siria e da altri paesi africani, di cui Mimmo Lucano aveva sentito soltanto il nome. Pensò subito che quei viandanti, che camminavano come Cristo, avrebbero trovato una casa, un pasto, un lavoro in quel paese che stava morendo e che così sarebbe tornato a nuova vita. Diede da bere agli assetati, da mangiare agli affamati, fece delle carezze a tutti i bambini, mise assieme gli anziani del luogo con le persone che arrivavano, come i pellegrini di un tempo, da tanto lontano. Fece aprire botteghe e negozi e rivivere antichi mestieri, mise assieme i colori e i suoni di quelli del luogo e di chi veniva da fuori’’.

  Poi la fiaba prosegue e ci porta ad oggi:’’... E un giorno Mimmo Lucano venne arrestato perché, come Giuseppe e Maria, non aveva qualche documento a posto, non poteva entrare in città perché aveva dimenticato, da qualche parte, una inutile carta. Mimmo che non aveva mai avuto un soldo, non seppe usare qualche spicciolo che gli continuava a dare l'anziano padre. Gli immigrati cominciarono ad essere allontanati perché non facevano paura e si sentivano abitanti del nuovo luogo. Il Diavolo che aveva favorito ingiustizie, ruberie, cattiverie, divisioni di ogni genere si inventò una Legge e una Giustizia che erano parole vuote, false, perché quello che lui non sopportava era che qualcuno mostrasse che il Bene, la Carità, l'Accoglienza, la Pietà avevano ancora posto nel cuore degli uomini e delle donne del mondo ed erano capaci di sconfiggere signori della guerra e schiavisti, xenofobi e razzisti. E così adesso Mimmo Lucano è triste, con lui sono tristi quanto avevano visto una nuova stella cometa nel Cielo. I Demoni, adesso, sorridono e non nascondono il loro orrendo ghigno, ma, se c'è davvero un Inferno, prima o poi, da lì vedranno che i sogni e le speranze non muoiono mai. Sarà dura, difficile, forse lunga, questa vicenda ombrosa, in una terra di sole e di cielo, ma quanti oggi resistono, come fa Mimmo, anche se sconfitti in questi tempi bui, saranno ricordati come coloro che hanno partecipato alla fondazione del mondo abitabile e giusto di domani’’. La fiaba è finita ma la storia di Mimmo Lucano e della sua, della nostra Riace continua. Deve continuare.

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