25 settembre 2022 al voto: riusciranno i partiti a limitare l’astensionismo?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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“La fragilità del nostro quadro democratico minato dalla litigiosità scatenata e dalla personalizzazione di una politica tanto pervasiva quanto deludente”. Questa volta ho iniziato con una citazione; mi serve da input per scrivere sulla ennesima campagna elettorale. Un articolo di politica dopo tanto tempo. Ho preso a caso, senza scegliere dalla libreria Élite e classi dirigenti in Italia a cura di Carlo Carboni, professore di Sociologia economica presso l’Università di Ancona, edito nel 2007 da Laterza. Un libro di tanti anni fa, frutto di una ricerca, utile per argomentare, evitando così di cadere nell’opinionismo o nella polemica politica. Sfogliandolo ho riletto quello che avevo sottolineato con la matita nella introduzione, appunto il virgolettato iniziale (p. XI): è quanto mai attuale, come se fosse stata scritta oggi per analizzare le turbolenze quotidiane nella scelta delle alleanze, degli apparentamenti, dei contenuti della classe dirigente nell’agone politico.

 Dopo la sfiducia di fatto senza sfiducia dichiarata di alcuni partiti e movimenti, nascondendosi dietro al dito della non partecipazione al voto di fiducia al Governo Draghi per convenienze elettorali, sono emersi nuove dinamiche e posizionamenti strani ed estemporanei, tant’è. Si parla molto di candidature e programmi; pochissimo dell’astensionismo e dei cittadini indecisi in vista dell’appuntamento con l’urna il 25 settembre prossimo. Nella stessa pagina citata la nota 4: “Nel Paese si stenta a parlare di questo clima di sfiducia, anche perché per rimuoverlo e instaurare fiducia occorrerebbe mobilitare un grande carico cognitivo ed emotivo (…) la sfiducia distrugge anche la fiducia interna”. Allora come oggi la frantumazione dei soggetti politici. E non si tiene conto che negli ultimi decenni la sfiducia degli elettori ha raggiunto percentuali preoccupanti, in alcuni casi è diventata maggioranza, in molti collegi un po’ meno della metà degli aventi diritto non è andato al seggio. I sondaggisti prevedono un aumento dell’astensionismo; molti indecisi decideranno dopo le ferie. A pagina 144 della pubblicazione di Carlo Caboni: “Il problema non è solo la mancanza di leadership, ma anche lo stato di residualità (…) della partecipazione civica”. Dai sondaggi viene fuori un astensionismo al 40% degli aventi diritto al voto. Si vorrebbe da parte dei cittadini una classe politica competente, responsabile e con alto senso etico, anche se nella società risultano pervasivi scarsa sensibilità civica e spiccato individualismo che producono disinteresse verso la partecipazione democratica. E ancora, certi politici sembrano appartenere ad un mondo a parte di relazioni che facilitano la loro carriera caratterizzata da autoreferenzialità. Si è assistito ultimamente alla presenza di un personale politico parlamentare  inconcludente costretto a rinnovare l’alta carica a Mattarella  perché non è riuscito ad eleggere un nuovo Presidente della Repubblica; come se non bastasse l’incertezza e la litigiosità dei parlamentari hanno determinato la nomina di Draghi, personalità super partes, a Primo Ministro, grazie alla fiducia di una maggioranza che, però, non gli ha permesso di completare gli ultimi mesi della legislatura non partecipando al voto di fiducia per proprio tornaconto. Ed ecco la prima campagna elettorale agostana e settembrina della storia repubblicana.

 L’elettorato percepisce l’inadeguatezza di certa politica nella difficoltà a fare alleanze sebbene la legge elettorale, il Rosatellum, quasi le favorisce, dopo il taglio dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. È un sistema elettorale misto: due terzi dei seggi assegnati con metodo proporzionale, il resto con sistema uninominale dove si vince anche con un voto in più. Nel proporzionale valgono le percentuali dei partiti, i listini sono bloccati, non si può esprimere la preferenza e non è consentito il voto disgiunto.  Lo sbarramento è al 3% per le singole liste, mentre per le coalizioni sale al 10% con almeno una lista che abbia superato il 3%; se un partito arriva all’1% i voti vanno divisi tra le altre formazioni politiche in competizione, al di sotto dell’1% i voti si disperdono. Tale legge elettorale venne approvata in altra situazione politica a maggioranza. Una legge elettorale democratica, veramente funzionale alla governabilità quinquennale, dovrebbe essere ampiamente condivisa e mettere nelle migliori condizioni di scelta l’elettore. Non è il caso della legge in vigore (v. sul blog de il Lametino Rosatellum 2.0. la legge elettorale a colpi di fiducia).

L’astensionismo, ormai quasi cronico, evidenzia una società che nella gran parte dimostra apatia e individualismo; dall’altra si è caratterizzata come pervasa dal populismo e dai social; non si fa nulla per stimolare il civismo nella comunità italiana; anzi appare sempre più frammentata; in particolare è presente tanta disillusione nelle giovani generazioni. Da tale situazione sociale emerge una classe politica che genera una democrazia limitante e una governabilità inconcludente. Certi partiti si ricordano della cittadinanza soltanto quando bisogna votare badando soprattutto alle tecnicalità della legge elettorale a vantaggio delle candidature del proprio partito e degli eventuali schieramenti che potrebbero portare maggiori suffragi; in secondo piano programmi e progetti per il bene del nostro Paese. Il tutto vissuto tra i media tradizionali e i social virtuali, trascurando il Paese reale; da qui la sfiducia e il conseguente astensionismo. Bisognerebbe invertire cominciando da questa campagna elettorale con i contenuti. E sarebbe opportuno preparare una nuova legge elettorale già all’inizio della futura legislatura.

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