Ulteriori querelles sul dissesto

Scritto da  Pubblicato in Basilio Perugini

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basilio-perugini.jpgLa scelta del Sindaco e della Giunta di intraprendere la via giudiziaria per contrastare la dichiarazione di dissesto e per richiedere, in via cautelare, la sospensione della procedura amministrativa è stata, lo ribadisco, opportuna e condivisibile. Si è trattato di una iniziativa da un lato doverosa, per evitare di far precipitare la Città in una situazione di estreme precarietà e mortificazione, e, dall’altro, responsabile, perché consentirà all’amministrazione (accusata a ragione o a torto di esserne l’autrice) di intraprendere un percorso virtuoso per uscire dalla congiuntura negativa, con l’adozione di tutti i provvedimenti necessari per colmare la voragine e, quindi, di riparare il danno asseritamente dalla stessa procurato. Si tratterà certamente di provvedimenti che graveranno sui cittadini, ma non tanto quanto quelli promananti da una gestione commissariale. L’amministrazione ordinaria, infatti, si deve occupare del risanamento e nel contempo del mantenimento del livello dei servizi per la comunità, mentre la visione di una gestione commissariale è naturalmente più attenta al primo anche a costo di una drastica riduzione del secondo. La scelta della via giudiziaria e, quindi, la mancata deliberazione da parte del Consiglio Comunale dello stato di dissesto per come richiesto dal provvedimento prefettizio, ha suscitato notevoli polemiche, che, ribadisco anche questo, non portano alcuna utilità alla soluzione del problema. Anzitutto perché “electa una via altera non datur”. Deliberare, infatti, il dissesto dopo aver proposto i ricorsi sarebbe una contraddizione in termini, in quanto ciò porrebbe nel nulla gli stessi, rappresentando tale deliberazione una rinuncia implicita all’impugnazione; impedirebbe, peraltro, di verificare l’esistenza (abbastanza propabile) di vizi formali e sostanziali del provvedimento impugnato e quindi le conseguenti illegittimità ed ingiustizia dello stesso. Si tratta, comunque, di attendere pochi giorni per conoscere le decisioni delle camere di consiglio, all’esito delle quali è, comunque, possibile l’adozione della delibera da parte del Consiglio Comunale. E non voglio credere che il Prefetto non attenda almeno questi pochi giorni prima di prendere drastiche iniziative.

Il tempo è, comunque, importante, perché, tenuto conto delle contingenze negative, analoghe a quella di Lamezia, in cui versano tantissimi Comuni italiani, è abbastanza ragionevole ritenere che possa intervenire qualche provvedimento legislativo al riguardo. Mi spiace di essere stato male interpretato quando ho sostenuto che sarebbe una pia illusione sperare in aiuti come quelli di cui godono e godranno Città come Roma e Napoli, ed ora aggiungo Reggio Calabria, dove pure le rispettive amministrazioni hanno fatto peggio di quella di Lamezia (che non ha santi in paradiso). Non paragono Roma, Napoli e Reggio Calabria a Lamezia (che, nonostante più piccola e meno importante, a me è certamente molto più cara ed importante di quelle altre), ma mi riferisco al metodo con cui le autorità statali affrontano problemi identici, favorendo la soluzione solo di alcuni ed ignorando gli altri. Roma è stata sostenuta con interventi statali importanti, in occasione del dissesto dichiarato alcuni anni orsono, ed ancora pretende di essere sostenuta a costo di emanare provvedimenti normativi scandalosi come il cosiddetto “decreto salva Roma” di lettiana memoria; Napoli, che nonostante l’evidente, datato e costante, disastro finanziario (ed ecologico), quotidianamente aggravato da una gestione dissennata, è stato ed è sostenuto in mille modi, senza che l’amministrazione ed il sindaco, affetti da mania di protagonismo e di grande esposizione mediatica, siano in alcun modo sanzionati; Reggio Calabria (per il cui Consiglio Comunale è stato richiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dal precedente ministro dell’interno), che proprio in questi giorni è destinataria di ingiustificati interventi dell’attuale ministro dell’interno (compagno di partito dell’ex sindaco ed attuale presidente della Regione) per il rinvio dell’esame del decreto di scioglimento da parte del Consiglio dei Ministri. Lamezia (a differenza di Roma, Napoli e Reggio Calabria) non ha santi in paradiso ed è pertanto dovere dei lametini difenderla con azioni concrete, efficaci e legittime, frutto di concordia e condivisione. Ed è bene, infine, ricordare che i lametini sono cittadini italiani come i romani, i napoletani ed i reggini.

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