Intervista a Rodolfo Ruperti: "I pentiti non creano difficoltà solo alla cosca di appartenenza"

Pubblicato in Battista Notarianni

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Rodolfo Ruperti è il responsabile numero uno della squadra mobile distrettuale. Con un curriculum notevole, sempre svolto nel campo investigativo, Ruperti è uno di quei servitori dello Stato che rappresentano un punto fermo nella lotta alla criminalità organizzata. Lo scorso settembre gli chiedemmo ed ottenemmo un’intervista perché nei mesi precedenti a Lamezia c’era stata un’escalation criminale, con gli omicidi di Vincenzo e Giovanni Torcasio, appartenenti all’omonima cosca, più una serie di intimidazioni. Successivamente ci fu l’arresto di Giuseppe Giampà e di alcuni appartenenti alla sua cosca. E ancora più avanti nel tempo la notizia che due degli arrestati nell’ambito dell’operazione Giampà - Angelo Torcasio e Battista Cosentino – avevano deciso di collaborare con gli investigatori. Da allora sono trascorsi più di quattro mesi, Lamezia ha rivissuto una serie di atti intimidatori, auto incendiate, richieste di pizzo. E così siamo tornati ad intervistare Rodolfo Ruperto per fare il punto sulla situazione a Lamezia. Ecco l’intervista.

A cura di Virna Ciriaco e Battista Notarianni

Nell’intervista che ci aveva rilasciato ai primi giorni di settembre 2011 si era all’inizio della collaborazione dei due pentiti, Torcasio e Cosentino.  Da allora che evoluzione c’ è stata?

“E’ un momento assolutamente importante per Lamezia. C’è stata una forma di recrudescenza criminale dove sono state fatte una serie di operazioni che hanno visto nascere, ed è un fatto abbastanza nuovo, collaborazioni importanti proprio all’interno della famiglia Giampà. Non solo quelle di Torcasio e Cosentino perché avremo anche altre collaborazioni. Ed è un fenomeno assolutamente nuovo. C’è una preoccupazione da parte della criminalità perché stanno avendo delle deficienze interne che sconvolgono gli assetti delle cosche. C’è un grande impegno da parte della Procura Distrettuale nel coordinamento di questa miniera di informazioni che stiamo raccogliendo e che sono state già rese e sulle quali stiamo lavorando. Nell’ultima operazione antidroga abbiamo arrestato anche uno degli Iannazzo di Lamezia che era comunque legato, per questioni di stupefacenti, a gente di Catanzaro e di tutta la provincia. Ovviamente, una volta effettuati i riscontri e quindi la validità delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, agiremo, ma non vi posso dire quando arresteremo tutti. Un Cosentino, ad esempio, non si alza la mattina e inizia a dire diverse cose. E’ chiaro che c’è tutto un lavoro dietro da parte nostra, altrimenti saremmo davvero in uno stato di polizia dove si arresta semplicemente in base alle dichiarazioni di una persona. Se viene da me una fonte dichiarativa che dice di essere sotto usura o estorsione noi dobbiamo fare solo dei riscontri per verificare la credibilità esterna di quello che dice quella persona. Se le stesse cose le dice un collaboratore di giustizia che afferma: io ho fatto quell’omicidio con Tizio e Caio, questa dichiarazione va bene per lui perché è una confessione resa in piena volontà, ma noi dobbiamo fare anche riscontri individualizzanti, ovvero, sulla base di quanto ci ha detto, dobbiamo, ad esempio, iniziare a vagliare se il giorno x alle ore y abbiamo qualcosa che ci dice che erano effettivamente insieme. Insomma, c’è tutto un lavoro dietro fatto di riscontri a quanto detto dai collaboratori”.

Che situazione c’è, dal suo punto di vista, a Lamezia?

“Attualmente su Lamezia c’è una criminalità disorganizzata. Quando i criminali sparano, esagerano, non vuol dire che c’è un forte controllo del territorio. Perché se io ho bisogno di sparare alla vetrina per farmi dare l’estorsione, vuol dire che non riesco più a controllare il territorio. C’è una forma di disordine nella ciminalità lametina perché se quella persona sta pagando il pizzo a qualcuno ma c’è bisogno di sparare, allora vuol dire che sta pagando alla persona sbagliata. E’ una forma di reiterazione di quelle condotte criminose che possono creare forme di assoggettamento ed omertà. Normalmente gli omicidi e gli atti eclatanti danno invece la dimensione di un territorio che comincia a non soggiacere ad una regola scritta di criminalità organizzata e, quindi, ci può essere del disordine tra le varie ‘ndrine sulle quali siamo comunque attrezzati”.

Questa disorganizzazione deriva anche, visti i recenti arresti, ad un via libera dato ai giovani, alle nuove leve?

“In un territorio di ‘ndrangheta uno non  può alzarsi la mattina e dire che comanda lui ora a Lamezia... Perché in questo caso vuol dire che non c’è più nessuno. Esempio: se arrestiamo tutti a Lamezia  e  la mattina dopo si alza uno, si crea una banda con altri tre ed inizia dalle estorsioni, non si può dire che questi nuovi dopo un giorno siano dei mafiosi. La mafia si crea quando questi hanno estorto per anni denaro e nessuno li ha mai denunciati”.

Ci sono altri collaboratori?

“Ci sono certezze di lavoro”.

Possiamo quindi desumere che la lista dei collaboratori si stia allungando. Un mese e mezzo fa sono stati eseguiti dei sopralluoghi nelle campagne di Lamezia. Rientrano nell’acquisizione di quegli elementi d’indagine di cui accennava?

“Abbiamo eseguito diversi sopralluoghi, sia nelle campagne che tra le montagne di Lamezia. Stiamo lavorando. Continueremo a svolgere tutte quelle attività necessarie per riscontrare le dichiarazioni dei collaboratori attuali e di quelli futuri, con il fine di dare alla Dda di Catanzaro delle investigazioni che ricostruiscano con certezza i reati che poi saranno contestati”.

Cercavate armi?

“In qualche circostanza sì. Stiamo lavorando per avere delle misure cautelari. Abbiamo due pentiti ed è ovvio che stanno rendendo delle dichiarazioni sulla criminalità lametina ”.

A Lamezia, già da tempo, si parla che arriverà, prima o poi, una maxi retata

“E’ chiaro che a Lamezia si possano aspettare di tutto, specie chi ha commesso diversi reati. E’ ovvio che stanno aspettando”.

Parlando di futuri arresti è ipotizzabile che tra questi possano poi figurare personaggi della cosiddetta zona grigia lametina?

“Posso dire che noi non ci fermiamo davanti a nessuna situazione. Così come la Direzione Distrettuale non guarda né a sinistra e né a destra. I pentiti fanno dichiarazioni e su quelle si eseguono i riscontri. Possiamo poi arrestare il primo o l’ultimo dei banditi così come quelli che voi definite appartenenti alla zona grigia. Il fatto è che ci lavoriamo in prima battuta così come anche Carabinieri e Guardia di finanza. Tutto il materiale che riusciamo a produrre, scaturirà in diversi provvedimenti e processi nei confronti di quelle persone sulle quali sono stati raccolti gli elementi necessari. Abbiamo già arrestato diverse persone che fanno parte di una cosca di riferimento che è quella dei Giampà. Attualmente Giuseppe Giampà è detenuto, ma su di lui non ci sono ancora dichiarazioni di collaboratori perché l’abbiamo arrestato prima di questi due pentimenti. Un’operazione fondamentale, da cui sono nate le collaborazione di soggetti che navigano in quel circuito e con buoni ruoli. E’ chiaro che questo generi un sorta di paura e, soprattutto, anche una possibilità di avvicinamento alle forze dell’ordine da parte di altri soggetti criminali che magari pensano di fare un passaggio diverso”.

Il figlio del Professore è in carcere, il suo luogotenente si è pentito mentre dall’altra parte, quella dei Torcasio, la famiglia ha avuto due morti. Questa situazione ha creato un vuoto a favore di qualcuno?

“Pareggiano”

E l’altra cosca, quella degli Iannazzo?

“Dovremmo entrare in un discorso molto più ampio, ed essendoci indagini in corso, non è possibile. Quello che posso ribadire è che su Lamezia Terme c’è una situazione criminale che può apparire elevata con la sparatoria, la bomba…ma è una situazione criminale conosciuta e monitorata. Non si arresta la gente così, ma solo quando c’è una certezza investigativa per i reati contestati. Attualmente, comunque, il patrimonio di informazioni in possesso delle forze dell’ordine e della Dda è notevole”.

Quindi c’è una consapevolezza di come questa situazione della criminalità lametina provochi una sorta di sbandamento?

“In generale, quando si esagera con le azioni intimidatorie su un territorio, non è esclusivamente un momento di forza ma può essere anche un momento di debolezza. E’ chiaro: se una situazione è tutta sotto controllo, non c’è bisogno di uccidere la gente o di intimidire sparando. Se quello ha già paura di me, perché gli devo sparare controla vetrina del negozio? Allora due sono le chiavi di lettura: o sta pagando a qualcuno di sbagliato, quindi c’è disorganizzazione, oppure non ha tanto paura di quello che gli si è presentato a chiedergli la mazzetta. Un fenomeno da tenere comunque sotto controllo. Comunque non è detto che le persone che si pentano creino un disequilibrio solo in una cosca, perché chi si pente può anche sapere gli affari dei Torcasio, degli Iannazzo e possono sapere anche gli affari delle varie zone grigie. E’ ovvio che ora c’è timore e si pensa: ora qui ci arrestano a tutti”.

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