Un'altra Italia oltre il razzismo e la xenofobia. Gli immigrati a Napoli e i convertiti all’Islam

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Sono rimasto sconcertato per le contestazioni a Palazzo Madama da parte della maggioranza nei confronti della Bonino per il breve intervento sugli immigrati regolari "che contribuiscono allo sviluppo socio-economico dell’Italia (…) [producendo] oltre l’8% del PIL (Prodotto interno lordo)". Si possono avere punti di vista differenti a proposito dei migranti; ma contestare percentuali che si riferiscono a realtà positive dell’integrazione migratoria mi sembra irragionevole. Significa negare per partito preso ciò che corrisponde al vero.

La rappresentante radicale di “+ Europa” ha parlato con cognizione di causa. Basta un controllo e il riscontro è Immediato. Ecco i dati del rapporto 2017 sull’economia dell’emigrazione: 130 miliardi di euro, 8,9% del Pil, valore aggiunto prodotto dagli occupati immigrati (regolari) nel 2016. Nello stesso anno ci sono stati 2,4milioni di occupati immigrati che hanno versato 11,5 miliardi di contributi previdenziali insieme all’Irpef versata per un totale di 7,2 miliardi. Sono dati che appartengono alla economia italiana. Questa è la realtà della nostra Penisola frutto di accoglienza + integrazione. Per gli imprenditori e gli operai immigrati regolari l’Italia è casa propria. L’integrazione ha prodotto tale situazione di cambiamento. Altro che “ognuno a casa sua”; l’integrazione fa sì che “ognuno si senta a casa sua”.

In alcune città italiane e in certi settori della società gli immigrati (marocchini e non) convivono insieme agli autoctoni da decenni senza problemi di intolleranza. Nel saggio A Napoli Islam e popolo si fondono Isaia Sales, editorialista, docente e in passato parlamentare, ha scritto che gli immigrati musulmani hanno trovato un punto d’incontro con il sottoproletariato napoletano nell’arte di arrangiarsi. Non solo: si guadagnano da vivere nella grande Città del Sud con i piccoli commerci e nell’agricoltura. Purtroppo svolgono lavori saltuari in nero. Un’integrazione precaria. Ma questo è un limite anche per i partenopei sottoccupati.

 Non mancano le moschee. In occasione della Festa del sacrificio (il sacrificio sostitutivo di un montone per ricordare Abramo disposto a sacrificare il figlio Ismaele prima di essere bloccato dall’angelo), Piazza Ferrovia diventa una grande moschea all’aperto dove i musulmani immigrati pregano sui loro tappeti non avendo trovato posto al chiuso. Numerosi i convertiti alla religione di Allah nel capoluogo partenopeo: non soltanto donne che si sono sposate con musulmani, pure intellettuali della Città, che, “studiando il mondo islamico e la cultura musulmana, si sono avvicinati a Maometto”.

L’Orientale, la nota Università linguistica, ha avuto un ruolo importante. Basti pensare che molti imam, che dirigono le ritualità delle preghiere tratte dai versetti del Corano, sono campani, in particolare napoletani quelli della moschea di Piazza Mercato con esperienze trascorse di impegno civico e culturale; a volte sono impegnati ad allontanare chi non è d’accordo con la visione pacifica della religione islamica. La moschea di Piazza Mercato è un vero presidio contro il terrorismo. Nello stesso luogo si celebra la festa della Madonna del Carmine e si prega per il Ramadan (periodo sacro per i Musulmani).

Nei quartieri del centro storico non si evidenziano notevoli differenze tra napoletani ed immigrati. Un’importante affermazione di Isaia Sales: “Gli immigrati che hanno negozi pagano anche la tangente se gli viene chiesta, ma sicuramente hanno interrotto la catena in un punto: non entrano a far parte di organizzazioni criminali stabili (…). Un dato positivo da non sottovalutare”.

Altro aspetto da prendere positivamente in considerazione: letteratura e cinema sulla conversione di alcuni napoletani all’Islam. Per la letteratura Napoli Ferrovia, romanzo di Ermanno Rea; per il cinema i docufilm (film di genere documentario) Napolislam e Cercavo Maradona e ho trovato Allah, di Ernesto Pagano e Lorenzo Cioffi. Nella città dove i problemi sociali e delinquenziali risultano a dir poco preoccupanti, immigrati e popolo napoletano si fondono e si confondono nel vivere civile; S. Gennaro ha fatto il miracolo; con la benedizione dell’Altissimo (Allah) o del Padreterno (Dio) i napoletani hanno accolto “l’altro” nel migliore dei modi andando ben oltre il razzismo e la xenofobia attraverso esperienze di influenza (o di contaminazione) culturale e religiosa.

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