Gole del San Paolo, rupi del Campanaro: amare il mondo senza possederlo

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

© RIPRODUZIONE RISERVATA

francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_80da1_19973_ea258_59f1c_e96f0_cec4f_df014_db513_eb6b5_f8fb1_2c83a_da5cd.jpg

 Arabeschi, ghirigori, bassorilievi, cromatismi impressi sulla volta e sulle pareti. Le rupi del M. Campanaro paiono ricami di radici fusi nella roccia, bassorilievi di sabbia solidificata. Gli amici di “Boschetto Fiorito” di Antonimina, ci hanno guidati in questo nuovo viaggio attraverso le meraviglie litiche, i paesaggi, i boschi e le garighe del basso Aspromonte ionico. Dapprima in una sughereta ombrosa. Poi in vista del susseguirsi infinito di gole, fiumare, rilievi di roccia, verso sud. E dei pianalti d’Aspromonte livellati in milioni di anni dall’erosione marina, sollevati dagli dei tellurici sino a quasi duemila metri di quota.

Poteva essere una discesa agli inferi, dato il nome terrifico letto sulla carta: “Pietra della Morte”: una sorta di Rupe Tarpea che precipita sulle Gole del S. Paolo, dall’altra parte della valle. E invece è un eden! Un eden di roccia: sacrario della materia e, nello stesso tempo, rifugio dello spirito … Quintessenza della materia che si fa spirito! Mi sovviene Pierre Teilhard De Chardin, il teologo scienziato che ci ricordò l’intima connessione del Tutto: "Benedetta sii tu, potente Materia, Evoluzione irresistibile, Realtà sempre nascente, tu che, spezzando ad ogni momento i nostri schemi, ci costringi ad inseguire, sempre più oltre, la Verità. Benedetta sii tu, universale Materia, […], tu che travalicando e dissolvendo le nostre anguste misure, ci riveli la dimensione di Dio. […] O Materia, tu regni sulle vette serene ove i santi pensano di evitarti. Carne così trasparente e nobile che non ti distinguiamo più da uno spirito".

Perché qui, davvero, cessa, come d’incanto, ogni separazione: la materia si fa spirito, lo spirito diviene materia. Lo compresero i monaci basiliani che in questi anfratti praticarono l’esichia: la pace, la quiete, la solitudine, la meditazione, la preghiera. Le loro voci si odono ancora nel vento, le loro anime vagano fra le rupi. Lascio che il gruppo si allontani un poco. Provo ad ascoltare il silenzio. Per qualche attimo immagino di tornare indietro mille anni. In questo luogo bello e severo, dove tutto torna ad Unità, innalzo una preghiera affinché l’uomo si faccia umile e mite, abiuri la dismisura e l’illimite, torni ad amare il Mondo senza possederlo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA