Perché l’economia ha bisogno dell’etica per uscire dall’inquinamento?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla_36604_1ab0c_3f558_1f0e4.jpgSi può parlare di effetto Bergoglio e di effetto Greta per la ritrovata sensibilità verso l’ambiente, nonostante i denigratori dei due personaggi difensori del Pianeta Terra e i negazionisti ad oltranza. I Venerdì per il futuro (Friday for future), le manifestazioni dei giovani nelle diverse località del mondo, gli incontri sul tema dell’ambiente nelle istituzioni internazionali, il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, fortemente voluto dal Papa, le prime iniziative concrete di politica ambientale di alcuni Stati hanno moltiplicato la sensibilità delle varie nazioni verso l’ecologia. Senza trascurare il ritorno mediatico di notevole portata a favore di una maggiore presa di coscienza della scottante questione sullo squilibrio climatico. I mass-media ne parlano quasi quotidianamente.  Da contraltare negativo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi; unico Paese al mondo ad aver preso tale decisione. I Paesi contraenti sono impegnati a limitare il riscaldamento ben al di sotto dei 2 gradi (non più di 2 gradi sopra il livello dell’era preindustriale). L’aumento della temperatura con il conseguente riscaldamento del Pianeta intensifica il fenomeno atmosferico dei nubifragi improvvisi. I disastri nel nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti: Venezia sott’acqua, Matera allagata, Genova sommersa, Lamezia inondata dal maltempo; smottamenti, viadotti crollati, frane e valanghe sui centri abitati. Le problematiche sull’inquinamento si susseguono a livello locale e nazionale: di qualche settimana fa la notizia dei rifiuti “nascosti” a Gizzeria e le continue difficoltà dell’ex Ilva di Taranto. Su quest’ ultima, una delle più importanti industrie siderurgiche europee, incombe la minaccia di chiusura e di conseguenza migliaia di posti di lavoro persi perché produce le polveri sottili dannose alla salute dei Tarantini. Una vera e propria “bomba ambientale e sociale”. E inchieste della Magistratura.

A tal proposito vi segnalo l’articolo di Marco Revelli su il manifesto del 17 novembre riguardante l’ex Ilva, in controtendenza rispetto alla stampa, ai media, alla economia, alla politica dell’establishment. Il docente di Scienza della politica all’Università del Piemonte Orientale non ha peli sulla lingua: ricorda i morti sul lavoro, 208 in quasi 50 anni, centinaia e centinaia i malati terminali deceduti per cancro, linfomi e leucemia; bambini dei quartieri vicini volati in cielo. Per non dimenticare le parole dei genitori tarantini con cui hanno presentato il loro flash mob: “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino”. La soluzione secondo lo studioso: “Ricondurlo [lo stabilimento] sotto proprietà pubblica (…) coinvolgendo (…) l’Europa in un grande piano di bonifica e di recupero (…) per poi (…) restituirlo al mercato(…) a un giusto prezzo…”. 

 Sullo stesso tema in una sua autobiografia, un politico, già ai vertici istituzionali, ha ricordato il proprio impegno per la realizzazione dell’impianto siderurgico Italsider (poi Ilva, quindi ArcelorMittal, domani chi lo sa?) a Taranto agli inizi degli anni ‘60: “Mi impegnai a fondo, anche in Parlamento e impegnai il Comitato (…) per la scelta di Taranto (…) La battaglia fu vinta e ne nacque il modernissimo stabilimento siderurgico pubblico di Taranto”. Per saperne di più e per soddisfare la eventuale curiosità sul nome del politico leggete Destra e Sinistra Addio di Maurizio Pallante che sottolinea il grave errore di privilegiare “l’ideologia industrialista”, nella convinzione allora (maggioranza e opposizione d’accordo) che il “Boom economico” avrebbe realizzato il progresso anche al Sud, pur essendoci un’economia prevalentemente agricola. In verità l’uomo politico in questione, cinquant’anni dopo, ha fatto autocritica, nel momento in cui sono diventati devastanti le catastrofi ambientali e le tragedie sanitarie.  Maurizio Pallante geolocalizzando: “Un’industria inquinante come un’acciaieria [l’ex Ilva], ubicata dall’altro lato di una strada che delimita un quartiere popolare, progettata non solo senza adeguati impianti tecnologici per filtrare  e depurare le sue emissioni liquide e gassose (…) senza nemmeno predisporre lo stoccaggio in sicurezza delle  scorie di lavorazione dei forni, che vengono accumulate all’aperto su una collinetta lunga un chilometro da cui il vento solleva polveri nocive e le diffonde tra le case  non avrebbe presentato controindicazioni di carattere urbanistico e ambientale?…”. Nessuna attenzione; nel contempo ricoveri e malati terminali per cancro. L’inquinamento causato dall’Italsider non veniva preso in considerazione. Era importante la crescita dell’acciaieria, fiore all’occhiello della settima potenza industriale al mondo.

Le gravi vicende dell’ex Ilva mi hanno riportato al seminario del 2007, Economia, Etica, Ecologia, nella Scuola estiva Francesco Fiorentino di Lamezia Terme, relatori Giuseppe Gembillo e Giuseppe Giordano dell’Università degli Studi di Messina. In quella occasione Gembillo citò Van Rensselaer Potter, oncologo statunitense. Il suo libro, Bioethics. Bridge to the Future, pubblicato nel 1971 e tradotto in Italia con il titolo Bioetica, ponte verso il futuro (edito da SICANIA by Gem),introduce il nuovo neologismo: biologia ed etica insieme per la ricerca interdisciplinare; finalmente l’incontro tra scienze sperimentali e scienze umane.  Il libro racconta 30 anni di studi sul cancro. L’autore spiega la ragione della ricerca che abbraccia più discipline: “Il proposito di questo libro è di contribuire al futuro della specie umana, promuovendo la formazione di una nuova disciplina, la disciplina della bioetica. Se vi sono due culture che non sembrano in grado di parlarsi-la scienza e le discipline classiche- e se ciò fa parte del motivo per cui il futuro sembra in dubbio, allora potremmo costruire un ponte verso il futuro,ponendo la disciplina della Bioetica, come ponte tra due culture”. In passato l’etica è stata considerata una delle tante ramificazioni degli studi classici, come la logica, l’estetica, la metafisica, nell’ambito filosofico, ora non può essere separata dai fatti biologici ed ecologici. Ancora un virgolettato di Potter: “Noi abbiamo grande bisogno di un’etica della terra, della flora e della fauna; un’etica della popolazione, un’etica del consumo, un’etica urbana, un’etica internazionale …”. Concetti ribaditi e approfonditi da Gembillo secondo un nuovo approccio di sopravvivenza dell’ecosistema, attraverso l’integrazione della cultura classica e scientifica. Ciò ha permesso agli studiosi di andare oltre lo specialismo per arrivare ad una biologia che si identifica con l’ecologia. La ricerca è già passata dalla bioetica alla ecoetica, al territorio e a un nuovo rapporto con la natura dove si interagisce. Nello stesso seminario, Giordano ha messo a fuoco l’etica in economia ricordando Adam Smith per quanto riguarda il passato; Muhammad Yenus e Amartya Sen per ciò che concerne il presente. Vecchi e nuovi paradigmi vengono analizzati e approfonditi nel suo libro: Economia, etica, complessità. Mutamenti della ragione economica. Questo moderno avvicinamento dell’etica si connette all’urgente bisogno di sopravvivenza dell’uomo, in particolare delle generazioni future. Da qui le responsabilità della politica che deve interiorizzare l’etica in tutte le sue azioni. Sarebbe necessario “il principio d’ecologia dell’azione politica (…) che si configura come la condotta ragionata di un’azione in una situazione e in un contesto”. Per gli anni che verranno “si può solo scommettere in un futuro desiderabile”, così Gembillo nel saggio Il liberalismo e la scienza: dall’incompatibilità all’interazione.Naturalmente con azioni politiche che hanno già interiorizzato l’etica. Si spera vengano messe in atto nel più breve tempo possibile.

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