Un racconto fantastico di un secolo fa … sembra oggi

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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La macchina si ferma è un racconto fantastico di Edward Morgan Forster, pubblicato, insieme ad altre brevi storie, nei primi del Novecento, su prestigiose riviste letterarie, fra cui The Indipendent Rewiew (1903-1907) organo semiufficiale dei Cambridge Apostles, un sodalizio accademico che comprendeva, oltre a Forster, l’economista John Maynard Keynes, lo scrittore Leonard Woolf e il filosofo George Edward Moore tanto per citarne solo alcuni. Un gruppo di Apostles fu parte attiva nel circolo liberale e anticonformista di Bloomsbury, un quartiere di Londra; si riuniva nella casa di Virginia Woolf, moglie di Leonard Woolf; esponenti di spicco in campo letterario, fondarono la casa editrice Hogarth Press. Erano gli influencer intellettuali d’avanguardia di allora, intolleranti nei confronti delle rigide norme dell’epoca vittoriana e verso la discriminazione sull’orientamento sessuale. Spiriti liberi. Con le loro opere e attività (letterarie, artistiche, di critica, di economia) sensibilizzarono i movimenti femministi e pacifisti degli inizi del secolo scorso.

Forster frequentava, dunque, un ambiente di notevole intellettualità. I racconti (short stories) furono successivamente raccolti in due auto-antologie: rispettivamente, The Celestial Omnibus and Other Stories, Sidgwik & Jakson, London 1911, che consacrerà alla memoria della Independent Review e The Eternal Moment and Other Stories, Sidgwik & Jakson, London 1928, dedicata a Thomas Edward Lawrence, alias Lawrence d’Arabia. Le due raccolte saranno poi rifuse in un solo volume, edito contemporaneamente in Gran Bretagna, Collected Short Stories of Edward Morgan Forster, da Sigdwik & Jakson e negli USA, Collected Short Stories of Edward Morgan Forster, da Alfred A. Knopf nel 1947. Quanto scritto sopra fa parte delle note bibliografiche nella postfazione di Massimo Scorsone in La macchina si ferma e altri racconti, Mondadori, Oscar Moderni, 2020, l’edizione italiana letta dal sottoscritto l’anno scorso.

 I racconti pubblicati sono in ordine cronologico; dai primi, Addio a Colono (The road from Colunus), La storia di un panico (The story of panic) e Di là dalla siepe (The Other Side of the Hedge) del 1904, all’ultimo, Il senso della cosa (The point of It), novembre 1911; nello stesso arco di tempo, più o meno, Forster scrisse alcuni dei suoi romanzi (Monteriano. Dove gli angeli temono di mettere piede, 1905; Camera con vista, 1908; Casa Howard, 1910) diventati anche film. I racconti, secondo alcuni, sono considerati meri abbozzi di più ampi e compiuti sviluppi romanzeschi; per altri, al contrario, sono “prove di una sua privatissima poetica del fantastico”. La macchina si ferma, edita più di cento anni fa, ci accompagna nell’oggi in un particolare momento in cui, quotidianamente, noi del Terzo Millennio facciamo i conti con la Terra in grave difficoltà e con il genere umano messo a dura prova dalle mutazioni del Covid. Nel contempo il progresso tecnologico sembra inarrestabile e mal si adatta alle limitate risorse del nostro Pianeta e alle problematiche sociali del genere umano.

La macchina si ferma è quanto mai attuale. Ecco brevemente qualche cenno sulla trama. Forster immagina un’umanità che non vive ormai sulla superficie terrestre; abita in celle sotterranee: “Immaginate, se ci riuscite, una piccola camera esagonale, come una celletta d’ape. (…) La superficie terrestre altro non è che polvere e fango. Ormai non ospita alcuna forma di vita. (…) L’umanità, nella sua ricerca di agio a tutti i costi, aveva superato se stessa. Aveva sfruttato troppo le ricchezze della natura” (pp. 123,126, 156).  I protagonisti della storia sono Vashti, la madre, e Kuno, il figlio. Vivono da soli, lontani l’una dall’altro, ma comunicano attraverso un primordiale tablet: “Passarono quindici secondi buoni prima che il discoide che reggeva fra le mani cominciasse ad illuminarsi. Lo schermo fu percorso da un fioco balenio azzurrino che si scurì progressivamente fino al porpora, ed ecco che la donna potette contemplare l’immagine di suo figlio, che abitava all’ estremità opposta della Terra, mentre lui vedeva quella della madre”. Il figlio soffre di solitudine e il contatto virtuale non gli basta: “Vedo qualcosa che ti assomiglia riflesso su questo disco. (…) Sento qualcosa come la tua voce echeggiare. (…) Ecco perché vorrei che tu venissi a trovarmi. Vieni a stare un po’ da me. Vieni a farmi visita, e potremo incontrarci faccia a faccia”. La madre risponde così: “Non mi piace vedere quell’orribile, scura, superficie terrestre, e il mare, e le stelle quando là fuori è buio” (p. 125). Appena letto ho pensato subito agli Hikikomori; in giapponese significa “coloro che stanno in disparte”; sono adolescenti o giovani adulti che vivono nella loro camera, non escono, passano il tempo con i videogiochi o navigano in Internet; il fenomeno sociale si sta diffondendo pure in Italia, Europa e Usa. La camera di Vashti è tutta tecnologica come quelle che vedo alla tv: cucine, lavatrici e lavastoviglie che si governano a distanza: “C’erano pulsanti e interruttori dovunque; pulsanti per richiedere cibarie, musica, indumenti. C’era il pulsante per il bagno caldo, premendo il quale emergeva una vasca in (simil-) marmo colma fino all’orlo di un caldo liquido reso del tutto inodore. E c’era quello per il bagno freddo. C’era il pulsante che produceva letteratura” (p. 127). Cento anni fa Forster ha immaginato il mondo del web: “E naturalmente c’erano i pulsanti grazie ai quali la donna poteva comunicare con le sue amicizie. Quella camera, benché non contenesse nulla, era in grado di mantenersi connessa con tutto ciò che al mondo aveva importanza per lei”. Forster ha immaginato pure WhatsApp con tanti sms: “Il gesto successivo compiuto da Vashti consistette nel disattivare l’isolatore, ed ecco i messaggi accumulati negli ultimi tre minuti le si scaricarono addosso. La camera esplose di trilli di cicalini, sintonizzandosi di colpo su vari garruli canali di comunicazione” (p. 127).  Il tutto è programmato dalla Macchina che, però, non funziona più al meglio. E’ ciò che ha scoperto Kuno e vuole raccontarlo alla madre. Vashti si convince a partire per andare a trovare il figlio. Mi fermo. Chi vuole sapere la fine della storia, vada a comprare il libro. Un racconto fantastico per gli inizi del Novecento; ma non troppo per noi; vicende vicine alla nostra realtà super-tecnologica. Racconto in parte profetico; una narrazione distopica (il contrario di utopica; anti-utopica); una realtà immaginata nel futuro con tendenze apocalittiche al fine di mettere in guardia dai pericoli globali del presente. Il finale de La macchina si ferma forse potrebbe essere la rappresentazione di un futuro possibile. BUONA LETTURA!

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