
Lamezia Terme - Un momento per rivendicare giustizia e verità, ma anche un’occasione d’incontro fra Istituzioni e società civile sui temi della legalità e dell’antimafia: è la Giornata, svoltasi nella sua prima parte interamente a Sambiase, fra vico Poerio II, dove fu trucidata nell’88 la guardia giurata Antonio Raffaele Talarico, e quartiere Miraglia dove il 24 maggio del 1991 furono uccisi a colpi d’arma da fuoco Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, vittime di un delitto non ancora espiato che come molti altri pesa fortemente sulle spalle di un’intera comunità.

A spingere per la riapertura del caso, ALA (Associazione Lametina Antiracket) rappresentata da Maria Teresa Morano e la Fondazione Trame, presente con vari rappresentanti ad una manifestazione che ha visto la partecipazione delle Forze dell’Ordine, degli scout della zona Reventino, il Vicario del Vescovo Monsignor Buccafurni e il sindaco Mascaro con vari esponenti della Giunta, in particolare il vicesindaco Bevilacqua e il vicepresidente del Consiglio Comunale Mastroianni che ha portato i saluti del presidente Nicotera impossibilitato ad intervenire, fra i promotori della Giornata, poi l’assessore allo sport Vaccaro, l’assessore all’urbanistica Stella, la consigliera regionale Bruni, ma anche presidente della Commissione Regionale Antindrangheta Molinaro, e il dottor Melidona in rappresentanza della Procura di Lamezia Terme, che dopo aver portato i saluti del Procuratore Curcio ha ammesso davanti ai familiari delle vittime una situazione purtroppo dura da accettare: “Riaprire le indagine su questo caso significa disporre di materiale utile alla riapertura: se non c’è un contributo serio da parte di un collaboratore di giustizia su cui poter lavorare, farlo sarebbe solo voler spettacolarizzare la vicenda di frante all’opinione pubblica. Nessuno di noi rimane fermo nell’attesa che le cose accadano: tutti i collaboratori di giustizia sono stati compulsati su questa vicenda, che presenta ancora molti punti poco chiari, per le modalità e i tempi, Tutto fa pensare a un delitto di ‘ndrangheta, ma dopo 30 anni non si può fare niente senza un’ulteriore testimonianza. Se si aprisse una nuova pista, saremo seri nel percorrerla”.

Da qui l’appello forte del sindaco, che dopo aver ringraziato tutte le associazioni, le Forze dell’Ordine e le autorità intervenute, e soprattutto i bambini e ragazzi in rappresentanza dei vari Istituti scolastici del territorio, che con il canto e le testimonianze hanno arricchito la manifestazione, si è rivolto a chi “pentito o non pentito, può ancora dire qualcosa su questa vicenda. Voglio parlare al cuore e alla coscienza di chi può cambiare il corso della storia e della propria vita, con un gesto che serva all’intera comunità”. Forti anche le parole di Francesco Cristiano, fratello di Pasquale, che ha ringraziato i Procuratori Gratteri e Curcio per l’attività con i collaboratori di giustizia, e ha ricordato: “Abbiamo subito una cosa terribile, uscire di casa per lavorare ed essere uccisi, non fare più ritorno, è una cosa che non può essere accettata. Speriamo che questi messaggi che stiamo lanciando servano a smuovere le cose”. Questa l’opinione anche di Vincenzo Talarico, figlio di Antonio Raffaele, e dei molti familiari e amici delle vittime innocenti di ‘ndrangheta presenti ad un evento importante, fortemente voluto da tutta la comunità, che le giovani generazioni hanno saputo ravvivare, grazie alla performance diretta dal Maestro Alina Caruso e attraverso l’arte di un’opera prodotta dall’Istituto Comprensivo Perri Pitagora che rappresenta i due netturbini disarmati, muniti solo di scope, perché, come scritto da un piccolo allievo, “possano aiutarci dal Cielo a ripulire questa città”.
Giulia De Sensi







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