
Lamezia Terme - Si rinnova a Sambiase la magia della tradizione nell’annuale Fiera di San Biagio: già pronti per le vie gli stand degli ambulanti, da tutta la Calabria e oltre, che rimarranno aperti in via straordinaria fino al pomeriggio di domenica, momento in cui ci si attende la maggiore affluenza di visitatori.

“Siamo grati all’amministrazione”, dichiara il presidente di A.R.C.A. (Associazione Regionale Calabria Ambulanti), Vincenzo Buccinnà, “per aver consentito questa dilazione dei tempi nell’esposizione fieristica, e per esserci venuta incontro con il canone, in un periodo non facile per noi ambulanti. Purtroppo, dopo la pandemia la gente si è fossilizzata nel commercio on-line, ed è altrettanto difficile cercare di competere con l’attrattiva dei grandi centri commerciali: a lungo termine, purtroppo, la sopravvivenza della Fiera è seriamente a rischio”. Una Fiera dalle origini antichissime, tuttora difficili da individuare con precisione sulla linea del tempo, ma che secondo gli scritti della professoressa Maione, si svolge tuttora nel luogo dove “a partire dal VII secolo a.C. sorgeva il Cenobio di San Biagio”, retto dai monaci Basiliani, dal quale deriverebbe plausibilmente il nome di Sambiase. La testimonianza scritta più antica che attesta l’esistenza della Fiera “si trova nella sezione notarile dell’Archivio di Stato”, ascritta ad una pratica del notaio Pietro Paolo Moraca, che “porta la data del 1618”. Da secoli la Fiera di San Biagio – che per lunghi anni è stata soprattutto una fiera agricola, di scambio e commercio del bestiame – porta sulla piana Lametina commercianti e visitatori da tutta la regione, a vendere e acquistare i tradizionali mostaccioli, il vasellame e gli oggetti di uso comune più disparati e curiosi. Per smerciarli si parte da Soriano, Fronti, Caraffa, Amantea, anche da Bari, e molti vengono a farlo da 20, 50, 60 anni, in attività che si tramandano di padre in figlio: qualcuno è qui con la sua attività perfino da un secolo. “Mio nonno veniva qui da Soriano a vendere i mostaccioli dagli anni ’30 del secolo scorso, anche durante la guerra, e ha continuato mio padre”, ci racconta Francesco Giofrè, attualmente residente a Serra San Bruno, che continua con fierezza la tradizione di famiglia, offrendo agli avventori i famosissimi dolci realizzati con il mosto, la farina e il miele, dalle forme caratteristiche che richiamano all’abbondanza e alla vita che rinasce. “Avremmo bisogno di più sostegno e ascolto da parte del governo, a livello nazionale e regionale”, conclude il presidente Buccinnà, “con un supporto reale, contributivo e organizzativo, e che venga rispettata la Legge 160 del 2019, che regola il canone unico. Perché tanti stanno chiudendo, anche per il fatto che non sempre c’è ricambio generazionale: dunque, anche se è molto triste da pensare, la realtà splendida della Fiera – che è tradizione culturale, sociale, economica – nel giro di qualche decennio, senza le adeguate contromisure, rischia drammaticamente di perdersi per sempre”.
Giulia De Sensi





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