Lettera di un calabrese ai trentini

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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francesco_bevilacqua.jpgCari signori del civilissimo Trentino, io sono un Calabrese. I miei avi erano tutti briganti, per grazia ricevuta dagli spagnoli prima, dai francesi poi e dai piemontesi infine. I miei contemporanei ed io stesso siamo tutti ‘ndranghetisti per responsabilità oggettiva. Perché il grande giornalismo contemporaneo ha emesso le sue irrevocabili sentenze mediatiche di condanna generalizzata. Voi no, voi siete buoni e bravi, siete civili, siete onesti, siete sinceri, siete generosi. Io stesso sono stato in vacanza in Trentino, a vedere la vostra splendida terra, a compiacermi di quanto siete diligenti ed intelligenti. Ho anche creduto, talvolta, che apparteneste ad una “razza” superiore alla nostra. Vi ho citati nei miei scritti come esempio da imitare.

Benché, quando ero lì, in mezzo a voi, nei vostri alberghi, sotto i vostri sguardi, sentivo che pur essendo contenti per i pochi soldi che spendevo dalle vostre parti, qualche pregiudizio ed un po’ di fastidio lo provavate anche voi verso di me. Per questo non ci sono più venuto, da anni. Per questo resto al Sud. Saremo pure tutti una massa di stronzi, ma quantomeno, quaggiù (ed anche lassù) non mancano mai coloro che ce lo ricordano, ce lo ripetono, ce lo urlano. Fino al punto che ce ne siamo convinti noi stessi. Da buoni masochisti. Da buoni portatori di un atavico complesso di inferiorità, come intuirono Carlo Levi, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Berto. Calabrese uguale stronzo. Ecco, ora, con la vicenda della povera Orsa Daniza è come se rivedessi le mie incursioni dalle vostre parti qualche anno fa, tra i vostri splendidi boschi di pini e abeti, sotto le vostre immaginifiche montagne. E finalmente ho capito. Anch’io allora, quando venivo in Trentino, ero un intruso. Sopportato solo perché spendevo denaro. Ma intimamente schifato perché appartenente ad una “razza inferiore”. Pericoloso perché oggettivamente ‘ndranghetista. Allora non vi diedi motivo perché tentaste di narcotizzarmi. Ero solo un turista. Ma sono certo che se avessi deciso di restare dalle vostre parti un po’ più a lungo ci avreste provato. Ecco, ora posso dirmi finalmente soddisfatto di non essere più venuto in Trentino. Ora comprendo quel vago senso di disagio che provavo allora e che allora non capivo del tutto. Sono davvero contento di non essere incappato nella puntura narcotizzante (malauguratamente mortale) di un vostro veterinario (per un Calabrese non c’è bisogno del medico, basta il veterinario). Sono contento di essere vivo: stronzo, oggettivamente ‘ndranghetista, ma vivo. Con viva cordialità. Francesco Bevilacqua 

...E la lettera di un Calabrese ai Calabresi (ed a se stesso). Con un P.s. per orsi e lupi

Cari Calabresi miei conterranei (e caro me stesso), avete gongolato (per gran parte) per la mia lettera di poco fa ai Trentini, evidentemente provocatoria e paradossale, a proposito dell'overdose di narcotico praticata sulla povera Orsa Daniza. La lettera è stata ripresa dai social network ed ha provocato dure reazioni. Una parte di voi ha inveito contro i Trentini con toni di puro razzismo, così come alcune persone del Nord hanno inveito con i medesimi toni verso di noi. Una terza porzione di commenti era, invece, da ambedue gli schieramenti, di piena comprensione per quel che avevo voluto dire (e di questo ringrazio). Nello scrivere la lettera precedente sono stato mosso dallo sdegno per un'operazione che o era frutto di un errore (e allora dovremmo pensare che nell'efficientissimo Trentino ci sono veterinari incompetenti) o era una furbata per camuffare una pura e semplice esecuzione già decisa. Ma badate che la differenza tra i Trentini e noi, in questo genere di cose, sta solo nella nostra maggiore sfrontatezza e nella loro maggior furbizia. Non pensate di cavarvela però così a buon partito. Sulla mia pagina di Facebook ho pubblicato una foto di uccisione e scempio delle carcasse di due lupi in Calabria di qualche anno fa: vedrete bene quel che i nostri bracconieri calabri hanno saputo fare. E qui, ovviamente, gongoleranno tutti i nostri detrattori. Che sono tanti, anche tra gli stessi Calabresi, come avrete notato ieri da qualche commento stizzito del solito sapientone di turno.

Ora, vedete, io mi rivolgo, in particolar modo a due tipi di Calabresi: da un lato, ai denigratori ad oltranza (quelli che dicono che siamo tutti 'ndranghetisti - tranne, ovviamente, chi ha la tessera di qualche associazione antimafia -, tutti corresponsabili perché non reagiamo alla piovra, tutti conniventi, tutti indolenti, tutti ipocondriaci perché non ci diamo da fare); dall'altra ai magnificatori pure ad oltranza (quelli che dicono che discendiamo dalla Magna Grecia, che vorrebbero tornassimo ai Borboni, che vedono la Calabria più bella della California e vanno in brodo di giuggiole per ogni cretinata che fa un loro conterraneo). Ecco, ad entrambi questi esilaranti, presuntuosi e polemici protagonisti dell'attualità calabra dico: ma possibile che siate (siamo) così fessi da non capire che, in tutte e due i casi, ci facciamo male da soli? Denigrandoci per ciò che indubbiamente tutta la Calabria non è. E Magnificandoci per ciò che inevitabilmente tutta la Calabria non ha. E' possibile che i nostri colti e valorosi giornalisti stiano sempre a rimestare la stessa melma, gli stessi luoghi comuni, sia che si tratti dell'efferatezza della nostra criminalità, sia che si tratti dei miracoli dei nostri santoni, sia che si tratti della mirabilia delle nostre sagre paesane? Non è che per caso, da qualche parte ci sarà una ragionevole via di mezzo dettata esclusivamente dal buon senso piuttosto che dalla prosopopea? Post scriptum per gli orsi e i lupi: miei cari, anche voi però, perché impaurite i fungari e mangiate le pecore? Invece che gironzolare liberi e crudi nei boschi, non potreste farvi assumere da uno zoo safari o diventare vegetariani? Con viva cordialità. Francesco Bevilacqua

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