Il Bruzio dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, peculiari riflessi economici e sociali nella regione

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio.jpgNel V secolo si verificò un evento di fondamentale importanza non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa e l’Africa settentrionale: la fine dell’Impero Romano d’Occidente e il contemporaneo affermarsi dei Regni romano-barbarici. Numerosi popoli per lo più di stirpe germanica da secoli erano stati protagonisti di numerosi conflitti con l’Impero di Roma: nei primi tempi avevano tentato incursioni e saccheggi, ma poi lentamente o come federati, nominalmente alleati, o come invasori avevano occupato diverse regioni dell’Impero.
Per quanto riguarda l’Italia e, di conseguenza il Bruzio, il momento di transizione tra la fine dell’ Impero e l’inizio di un vero e proprio regno barbarico è stato individuato da alcuni storici nel 476, anno in cui Odoacre, re degli Eruli (434 circa - 493), depose Romolo Augustolo, giovanissimo imperatore:
“La storia della pars [ termine latino: ‘parte’, ‘zona’, N.d.R.] non esiste più come tale; essa è ormai la storia degli stati romano – barbarici che vi si sono stanziati. Contrariamente a ciò che si ritiene da molti studiosi, i contemporanei ebbero chiara coscienza della gravità di questo crollo della pars occidentale, e la <<puntualizzarono>>, naturalmente, al 23-8-476, data in cui Odoacre fu acclamato re in Italia” (Giulio Giannelli – Santo Mazzarino, Trattato di Storia Romana, Volume Secondo, L’Impero Romano, a cura di Santo Mazzarino, Seconda Edizione, Tumminelli Editore, Roma, 1962, p.527).
Il regno di Odoacre terminò nel 493, anno in cui sconfitto e ucciso da Teodorico, re degli Ostrogoti (454 circa – 526). Si trattò di un periodo storico molto complesso, caratterizzato da intrighi, alleanze, rapporti altalenanti con gli imperatori bizantini e con le popolazioni romane, diverse dagli invasori per modi di vita e religione professate, le prime erano cattoliche e i secondi ariani; in questa sede, però, per ragioni di spazio, ci si soffermerà in modo specifico sugli aspetti economici e sociali, pur avvertendo che quelli politici ed amministrativi furono indissolubilmente legati ai primi e per certi aspetti determinanti. Il brano che segue offre una visione d’insieme, particolarmente significativa, delle condizioni in cui si venivano a trovare i territori invasi e devastati:
“Nel complesso, comunque, il primo e più appariscente risultato delle invasioni è quello del saccheggio, della devastazione, dell’inesorabile decadimento degli antichi centri di vita urbana. Sarebbe errato certo, riferire questo decadimento – come, in genere, tutti i problemi storici di questa età – puramente e semplicemente alla potenza d’urto degli invasori; questi processi han radici ben più profonde, e intrinseche alla società romana stessa, già ridotta a uno stato di marasma economico, e dilaniata da profondi contrasti sociali. Il successo stesso delle invasioni resterebbe incomprensibile, se non s’intendesse come esse si intreccino con l’opposizione e con le rivolte degli schiavi e dei coloni, con l’aggravata insofferenza di larghi strati dei ceti possidenti stessi contro ordinamenti sempre più pesantemente cristallizzati in forme decadenti e oppressive: sicché la robusta barbarie di popoli ancora impegnati nelle più fresche forme della costituzione gentilizia, sarà sentita sovente come un sollievo per le masse degli oppressi e degli sfruttati, e finirà col recare un apporto storicamente positivo alla rinascita di una civiltà italiana. Ma resta il fatto, comunque, che le prime invasioni barbariche – se precipitano sovente, in realtà, processi già in corso nella società romana del Basso Impero – li coloriscono di quei toni più duri, che un’invasione straniera sempre comporta: quelle città, quelle opere pubbliche che, in Roma antica, avevano ripetuto le forme << di una seconda Natura, che operi a fini civili>>, sono saccheggiate e devastate, avviate a un inesorabile decadimento. Per lunghi secoli, e fino ai nostri giorni, il rudere e la <<città morta>> diverranno elementi integranti e caratteristici del paesaggio agrario italiano, che col decadere delle città vede accelerato e aggravato il processo della sua degradazione e della sua disgregazione (Emilio Sereni, Storia del Paesaggio Agrario Italiano, Editori Laterza, Roma – Bari, 1979, pp. 69 -70).
Il Bruzio subì le conseguenze delle invasioni barbariche con delle peculiarità specifiche, che verranno presi in esame successivamente; la documentazione letteraria e archeologica è un po’ scarsa, comunque molti ritrovamenti, per lo più casuali, ed alcune ricerche sul campo molto mirate, hanno consentito agli studiosi di delineare un quadro della regione sempre più accurato, da come è possibile dedurre dal brano seguente: “Il sistema produttivo calabrese nella tarda antichità sarebbe caratterizzato, quindi, proprio dalla capacità di mettere insieme in modo redditizio e funzionale mondi geograficamente e produttivamente lontani fra loro. Sarebbe, dunque, un sistema ‘elastico’, mentre proprio l’anelasticità sembra essere la causa principale della crisi dell’Italia centrale tirrenica (Antonio Battista Sangineto, Per la Ricostruzione del Paesaggio Agrario delle Calabrie Romane, in “Storia della Calabria Antica – Età Italica e Romana”, a cura di Salvatore Settis, Gangemi Editore, Roma – Reggio Calabria, 2000, p. 593).
Tale situazione del Bruzio, relativamente meno degradata nel periodo storico in esame rispetto ad altre parti d’Italia, sembrerebbe essere convalidata dalla testimonianza di quel tempo sotto riportata:
“Dall’attività tessile (della quale non si ha motivo di dubitare) e dalla presenza di latticini si deduce una diffusa pastorizia di ovini: è celebre una lettera di Cassiodoro [Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore, famoso letterato romano (Squillace 490 circa – Vivario, presso Squillace, 583 circa), ebbe diversi alti incarichi alla corte dei Goti, ma il suo tentativo di far avvicinare Goti e Romani fallì e nel 538 abbandonò la vita politica, N.d.R.] che introduce l’elogio del ‘cacio silano’ e dei ‘vini bruzi’ quale argomento di conversazione alla corte gota di Ravenna, cui lo stesso ministro ha riservato un quantitativo de cellariis nostri, cioè dalle sue cantine…”(Gianfranco Fiaccadori, Calabria Tardoantica, in “Storia della Calabria Antica – Età Italica e Romana”, op.cit., p.748).
La regione, pur avendo subito le conseguenze della crisi e poi del definitivo crollo dell’Impero Romano d’Occidente: diminuzione dei commerci e dell’economia monetaria, eccessivo fiscalismo, latifondismo, incursioni barbariche etc., sarebbe riuscita in un certo qual modo a salvaguardare alcune sue caratteristiche produttive un po’ meglio rispetto ad altre zone della Penisola.

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