Polvere di diamanti fra Cerchiara e il monte Sparviere

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

© RIPRODUZIONE RISERVATA

francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_5177a_37863_9c179_3f6c2_f8d7a_24db1_bba7a_dbf5d_6eed1_80845_92e3f_117f2_9ee48.jpg

Saverio ed io non riusciamo a trattenere lo stupore: il bosco di cerri sulla ripida pendice di Cozzo Sarcone inondato da una luce angelica; l’ordito di foglie è una corona d’oro e rubini. Ansimanti ed estatici, ai piedi di un patriarca arboreo, la corteccia rugosa, maculata di licheni.
E dire che mentre procedevamo in macchina verso il Pollino, una trapunta plumbea aveva nascosto il sole per quasi due ore. Rassegnati ad un cammino nell’ombra. Salvo un’esile speranza: salire al di sopra delle nuvole! Che diviene certezza, allorché da Cerchiara procediamo sulla strada che collega a Plataci. Sopra l’abitato, in pochi minuti attraversiamo le nebbie e penetriamo nell’altro mondo, quello della luce benigna. Raggi preziosi, abbaglianti, si spandono sulle montagne vestite d’autunno, che paiono isole policrome d’un atollo favoloso, sospeso su un mare di nubi.
Siamo nella porzione del Parco Nazionale del Pollino, la cui bellezza mi commuove ogni volta. Luoghi claustrali, eremitici, silenti e solitari. Qui non verranno mai le masse caciarone che hanno conquistato una parte delle nostre montagne.
Con Paolo che ci guida, siamo tre privilegiati. Ce ne avvediamo quando, fuori dal bosco, percorriamo sulla cresta erbosa tra Cozzo Sarcone e Monte Sparviere e poi su quella che traversa sino a Timpone di Bardisce. Lo sguardo tracima dall’interno dell’anima sino all’orizzonte lontano. Verso sud e verso est la “lupa” – come chiamano i locali la nebbia bassa che aduggia i paesi in certe condizioni atmosferiche – si prolunga all’infinito, come polvere di diamanti. Spuntano solo le cime delle montagne della Sila e la doppia vetta del Sellaro, la montagna di Cerchiara, quella che ospita, come un gioiello incastonato, la chiesa rupestre di Santa Maria dell’Armi.
Contiamo i colori: l’arancione e il rosso dei cerri, l’amaranto degli ornielli, il cremisi e il giallo degli aceri, il verde scuro dei pini, il verde tenero dei prati, l’azzurro nitido del cielo, il bianco delle nubi, il marrone e il grigio delle montagne, il chiarore della luce che si riflette sul tappeto di nubi ai nostri piedi. Se il Buon Dio mi chiedesse dove allocare un nuovo Paradiso in Terra, gli direi di venir qui con le sue schiere angeliche.
Polvere di diamanti fra Cerchiara e il monte Sparviere
Saverio ed io non riusciamo a trattenere lo stupore: il bosco di cerri sulla ripida pendice di Cozzo Sarcone inondato da una luce angelica; l’ordito di foglie è una corona d’oro e rubini. Ansimanti ed estatici, ai piedi di un patriarca arboreo, la corteccia rugosa, maculata di licheni.
E dire che mentre procedevamo in macchina verso il Pollino, una trapunta plumbea aveva nascosto il sole per quasi due ore. Rassegnati ad un cammino nell’ombra. Salvo un’esile speranza: salire al di sopra delle nuvole! Che diviene certezza, allorché da Cerchiara procediamo sulla strada che collega a Plataci. Sopra l’abitato, in pochi minuti attraversiamo le nebbie e penetriamo nell’altro mondo, quello della luce benigna. Raggi preziosi, abbaglianti, si spandono sulle montagne vestite d’autunno, che paiono isole policrome d’un atollo favoloso, sospeso su un mare di nubi.
Siamo nella porzione del Parco Nazionale del Pollino, la cui bellezza mi commuove ogni volta. Luoghi claustrali, eremitici, silenti e solitari. Qui non verranno mai le masse caciarone che hanno conquistato una parte delle nostre montagne.
Con Paolo che ci guida, siamo tre privilegiati. Ce ne avvediamo quando, fuori dal bosco, percorriamo sulla cresta erbosa tra Cozzo Sarcone e Monte Sparviere e poi su quella che traversa sino a Timpone di Bardisce. Lo sguardo tracima dall’interno dell’anima sino all’orizzonte lontano. Verso sud e verso est la “lupa” – come chiamano i locali la nebbia bassa che aduggia i paesi in certe condizioni atmosferiche – si prolunga all’infinito, come polvere di diamanti. Spuntano solo le cime delle montagne della Sila e la doppia vetta del Sellaro, la montagna di Cerchiara, quella che ospita, come un gioiello incastonato, la chiesa rupestre di Santa Maria dell’Armi.
Contiamo i colori: l’arancione e il rosso dei cerri, l’amaranto degli ornielli, il cremisi e il giallo degli aceri, il verde scuro dei pini, il verde tenero dei prati, l’azzurro nitido del cielo, il bianco delle nubi, il marrone e il grigio delle montagne, il chiarore della luce che si riflette sul tappeto di nubi ai nostri piedi. Se il Buon Dio mi chiedesse dove allocare un nuovo Paradiso in Terra, gli direi di venir qui con le sue schiere angeliche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA