Sugli scandali di oggi nei rapporti tra politica e magistratura

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgLe recenti intercettazioni della Guardia di Finanza hanno svelato incontri notturni di alcuni magistrati e politici in un hotel romano dove, secondo notizie della stampa e della tv, si sarebbe discusso di accordi sui vertici giudiziari della Capitale e di altre Procure. Le informative riportano discorsi registrati che avrebbero finanche sfiorato il Quirinale. Queste le notizie in sintesi che hanno fatto scricchiolare l’impalcatura costituzionale dello Stato. Bufera nei poteri istituzionali (separati?) della nostra Repubblica. Autosospensioni e dimissioni di politici, di membri del Consiglio Superiore della Magistratura e di figure apicali dell’Associazione Nazionale Magistrati confermano le difficoltà delle Istituzioni. Non è l’unico caso di mala giustizia e mala politica: ci sono magistrati indagati nelle diverse città italiane e la storia della Repubblica ne ha visto di tutti i colori; è sufficiente ricordare la P2 e tante altre; per la malapolitica non ne parliamo, basta citare la corruzione ormai dilagante o i legami tra organizzazioni criminali e alcuni politici. Mattarella al plenum del CSM ha dichiarato senza mezzi termini: “Quello che è emerso è un quadro sconcertante (…).  Oggi si volta pagina (…). Sono opportune e necessarie modifiche in conformità alla Costituzione”. Dalla redazione Ansa dichiarazione di Alfonso Bonafede, il Guardasigilli, dopo il vertice sulla Giustizia a Palazzo Chigi: “Entro dicembre approveremo una riforma del processo penale e civile che riduca i tempi della giustizia. Una riforma che deve riguardare anche il Csm e le carriere dei magistrati (…) sula base della meritocrazia”. Il Guardasigilli ne ha anticipato le linee-guida rispondendo al Question Time alla Camera.

Quanto accaduto nelle scorse settimane ha stimolato la mia memoria; mi sono ricordato di una lettura di molti anni fa; sono riuscito a trovare il libro nella mia disordinata libreria. Si tratta di Toghe Rotte di Bruno Tinti, Procuratore aggiunto, in pensione dal 2008, l’anno dopo la prima edizione, poi giornalista e scrittore a tempo pieno. Il titolo nell’assonanza richiama la polemica sulla politicizzazione presunta di alcune correnti nella magistratura, accusate di essere di sinistra. Etichettate dai giornali toghe rosse, fanno riferimento alle sopravvesti indossate dai magistrati delle corti di Cassazione. Le ultime pagine rivelano l’attualità di questi giorni, essendo dedicate ai rapporti non tanto chiari tra certa politica e settori della magistratura. Eppure si tratta di una pubblicazione di più di 10 anni fa. Tanto per capirci erano i tempi del lodo Maccanico che assicurava una temporanea impunità al Presidente del Consiglio [di allora], giudicato incostituzionale dalla Consulta, della legge Pecorella che impediva al Pubblico Ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione, incostituzionale. E altro ancora che tralascio per evitare l’elencazione schematica e noiosa.

Il magistrato scrittore, opportunamente, fa precedere l’ultimo capitolo, titolato significativamente Il capitolo più difficile, da nota altrettanto pertinente: “In questo capitolo si parla di cattivi politici e pessimi magistrati; e si parla solo di loro. (…) [Ma] il lettore non deve pensare che tutti i politici e tutti i magistrati siano come quelli di cui si parla nel libro. Naturalmente non è così: ci sono brave e oneste persone (e anche capaci) sia tra i politici sia tra i magistrati”. Insomma, c’è del marcio in Danimarca, ma non dappertutto. Nel paragrafo riguardante le correnti, Bruno Tinti non ha peli sulla lingua; politica e magistratura accomunate nel degrado. Come nei palazzi della politica sono venute meno partecipazione e democrazia, riducendo i partiti a centri del potere e del consenso (volatile?); così la magistratura, alla stregua di alcuni partiti, viene governata dal Csm attraverso le correnti “che decidono chi deve andare a far parte dei Consigli Giudiziari [costituiti presso ciascun distretto di Corte d’Appello] e del Csm”. Le correnti si comportano come certi partiti tradizionali: fanno propaganda per i magistrati candidati; ogni corrente ha un suo direttivo dove vengono votati gli iscritti e “sono spesso un simulacro di elezioni, una conferma formale di quanto deciso da quelli che contano. Insomma si tratta dello stesso triste, squallido, corporativo sistema che ha ucciso la politica nel nostro paese (…). Solo che anche le correnti hanno finito per diventare utili solo a se stesse. Proprio come nei partiti…”.

Il magistrato scrittore sostiene che viene usata ipocritamente l’immagine della corrente custode della Costituzione. Di fatto si bada al carrierismo. Così sono diventati autoreferenziali; sono prevalsi gli interessi delle correnti se non addirittura dei singoli a discapito della nobile funzione della Magistratura. I membri del Consiglio Superiore della Magistratura sono gli eletti: “[Questi] sono destinatari delle speranze e delle richieste dei giudici sparsi nelle varie parti d’Italia: c’è chi vuole lasciare una sede disagiata per essere più vicino alla famiglia; c’è chi vuole la direzione di un ufficio …”. Le solite richieste [raccomandazioni?] come avviene nei partiti che vanno a governare. Quanto ricevuto viene ricambiato con il voto e con il sostegno. Se si tratta di nominare il responsabile di un ufficio importante si arriva ai veti incrociati o, faticosamente, ai consensi incrociati. Sono scarse le possibilità per chi si candida autonomamente, molte quelle dell’iscritto per “le carriere importanti”.

Lo scandalo successo potrebbe avere l’effetto di indebolire la Magistratura attraverso una certa “esuberanza” della politica. Gli esempi storici succitati ne sono una prova. Ciò sarebbe un pericolo ulteriore per l’indipendenza e l’autonoma dei magistrati; sarebbe a maggior rischio l’equilibrio dei poteri. Ancora peggio il potere delle correnti. In entrambi i casi ci sarebbe il sospetto di una magistratura che obbedisca alla politica delle maggioranze o a logiche clientelari e di consenso.  La riforma annunciata dal ministro Bonafede dovrebbe curare tale criticità liberando la Magistratura dalle influenze del potere politico e, nel contempo, dalle correnti all’interno della stessa. Si spera in una riforma della Giustizia e dell’Ordine giudiziario. Urgente rompere gli indugi che durano da decenni. Sono a rischio gli equilibri di potere delle nostre Istituzioni.                                                                                                                          

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