Tracce di anti-utopia apocalittica nelle ultime pagine de “La coscienza di Zeno”

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Qualche cenno sulla trama dell’opera. In sostanza si tratta del flusso di memorie del protagonista, Zeno Cosini, ricco commerciante triestino, tra rievocazioni di fatti del passato (flash back) e anticipazioni.  E’ stato consigliato dal suo medico psicanalista a scrivere l’autobiografia come “medicina” per conoscere maggiormente se stesso e per guarire dalla sua indolenza. Due capitoli introduttivi: Prefazione Preambolo. Il protagonista della Prefazione è Il Dottor S. che decide di pubblicare le memorie del suo paziente perché ha interrotto la cura: “Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia”. Nel Preambolo, Zeno diventa io narrante, anche per tutto il resto della storia autobiografica. Seguono altri 5 capitoli tematici senza un ordine cronologico, ciascuno dei quali prende il titolo dall’argomento trattato: Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale. L’ottavo e ultimo capitolo, Psico-analisi, si presenta in chiave diaristica, come pagine di diario riguardanti quattro date: 3 maggio e 15 maggio 1915, 26 giugno 1915, 24 marzo 1916. In piena Prima Guerra Mondiale. Il 3 maggio Zeno-vecchio dichiara di interrompere la cura del dottor S. perché convinto che i suoi problemi non dipendano dal Complesso di Edipo: “L’ho finita con la psicoanalisi (…) sto peggio di prima”. Si è messo a scrivere perché non sapeva come trascorrere le giornate: “In questa città, dopo lo scoppio della guerra, ci si annoia più di prima e, per rimpiazzare la psico-analisi, io mi rimetto ai miei cari fogli” (p. 407).

Nelle successive pagine, datate 15 maggio e 26 giugno, racconta la sua villeggiatura a Lucinico, presso Gorizia, in quel tempo tempo nel cosiddetto Friuli austriaco; la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria (24 maggio 1915) coglie di sorpresa lui e la famiglia.  Si separa dai suoi; moglie e figlia costrette a riparare in Italia; mentre Zeno si trasferisce a Trieste, allora parte dell’impero austro-ungarico, dove riceve una lettera del dottor S. che lo prega di riprendere la cura; ma lui si sente guarito, specialmente dopo che gli affari vanno a gonfie vele. La guerra gli ha consentito di vendere a prezzo elevato una partita d’incenso che aveva comprato a basso costo. Alle annotazioni del 24 marzo 1916 Zeno si convince che non è lui il malato, ma il mondo, l’umanità. La sua condizione è simile a quella degli altri; il malessere deriva da un male planetario. Le ultime due pagine, 441 e 442, a cui ho accennato al principio dell’articolo e sulle quali ritornerò in modo approfondito alla fine del pezzo, potrebbero rappresentare questo scorcio di Terzo Millennio. Sembrano tratte da un romanzo distopico o anti-utopico, una realtà immaginata nel futuro con tendenze apocalittiche. In questa parte finale del romanzo ho visto tracce distopiche. 

Che significa distopico? Presto detto: utopia vuol dire immaginare una realtà futura perfetta irrealizzabile; distopia (o anti-utopia) è l’opposto, un mondo che sarà negativo con conseguenze estreme. Il genere narrativo distopico si sviluppa tra la prima e la seconda metà del Novecento e già agli inizi del secolo uscirono romanzi e racconti che anticipavano in letteratura un avvenire fantapolitico. “Il padrone del mondo” di Robert Hugh Benson è del 1907; “Il tallone di ferro” di Jack London del 1908; in questi ultimi anni quelli di maggiore successo editoriale: “1984” di George Orwell, Londra, Secker & Warburg, 1949 e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury New York, Ballantine Books, 1953. Il racconto distopico si può dividere in due filoni, quello fantapolitico, in cui domina un regime dittatoriale, come in “1984” dove la dittatura vuole controllare ogni aspetto della vita umana; allo stesso modo Fahrenheit 451 in cui viene raccontata una società che mette al bando i libri, considerati illegali. Chi si macchia del reato di lettura viene arrestato. L’altro filone apocalittico o post-apocalittico riguarda in massima parte una catastrofe planetaria. “La macchina si ferma” di Edward Morgan Forster del 1909 appartiene a questo genere distopico (v. articolo del blog del 10 gennaio scorso). L’autore immagina una vita ridotta ai minimi termini; la natura non c’è più; l’umanità vive nel sottosuolo, ognuno nella propria cella, i bisogni degli individui vengono soddisfatti da una macchina che provvede a sfamarli e a metterli a contatto con dei tablet rudimentali. L’aggiustatore automatico della macchina si guasta e il sistema collassa uccidendo tutti. Oggi alcune dinamiche molto negative del presente osservate dal romanziere distopico fanno immaginare una catastrofe in arrivo. Tra le edizioni contemporanee di questo genere letterario ho scelto le brevi note di “2119-La disfatta dei Sapiens” di Sabina Guzzanti, edito da Harper Collins l’anno scorso. L’autrice è apprezzata attrice e regista, famosa soprattutto per le sue imitazioni graffianti di satira. Questa volta si mette in gioco come scrittrice del genere distopico. Brevemente il contenuto del libro, in avanti di un secolo, nel 2119. Il nostro Pianeta è sconvolto dalla siccità e dall’innalzamento dei mari. Le poche terre rimaste sono in mano ai ricchi che, però, dipendono dagli “impianti”, strumenti dell’eterna giovinezza connessi al cervello. Ma un nuovo algoritmo potrebbe salvare il mondo.

Tornando alle ultime pagine de la “La coscienza di Zeno”, pubblicata un secolo fa, Italo Svevo immagina un mondo che sta vivendo la sua ultima ora a causa dell’inquinamento: “La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinato l’aria, ha impedito il libero spazio”. Prevede l’aumento spropositato della popolazione: “Ne seguirà una grande ricchezza … nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza d’aria e di spazio?”.  Svevo è un antesignano ecologista. Durante la Grande Guerra ha visto usare le armi chimiche (il fosgene, l’iprite) ed è andato oltre con l’immaginazione diventando profetico: “Quando i gas velenosi non basteranno più (…) un uomo fatto come tutti gli altri (…) inventerà un esplosivo incomparabile in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati innocui giocattoli”. La bomba atomica è oggi una realtà apocalittica, una minaccia sempre presente, la spada di Damocle del Terzo Millennio. E l’apocalisse del nostro pianeta: “Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della Terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra, ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”. Un futuro apocalittico immaginato che naturalmente si spera non avvenga. Sicuramente non avverrà se ne comprenderemo la gravità attraverso le buone letture. Buone letture per acquisire la visione di un mondo migliore cercando una prospettiva concreta di giustizia in un futuro possibile. Non avverrà se uniremo le forze di pace. Non avverrà se giovani e adulti costruiranno con la cultura e il sapere nuovi modelli esistenziali.

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