Un pensiero nuovo per salvare il nostro Pianeta

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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E’ improrogabile l’investimento della scuola a livello mondiale su tale problematica. Dovrebbe, però, essere una scuola diversa come quella de La testa ben fatta di Edgar Morin che sostiene un insegnamento riformato.  Mi sono ricordato dei seminari del 2008 e del 2009 nella Scuola Francesco Fiorentino di Lamezia Terme su “Complessità e formazione” e su le “Decime per il rinnovamento e la formazione”. Allora i filosofi siciliani del Centro Internazionale di Studi della Filosofia della complessità “Edgar Morin” dell’Università di Messina evidenziarono i risultati della loro ricerca. Per Morin le Decime sono fondamentali per il rinnovamento e la formazione.  Il filosofo francese spiega il termine ne “La testa ben fatta”, edito nel 1999 da Raffaello Cortina. Nello stesso anno il pensatore e sociologo d’Oltralpe pubblicò “I sette saperi necessari per l’educazione del futuro” edito ugualmente da Cortina. Sempre nel 1999, a completamento della problematica sull’insegnamento e dei nuovi paradigmi, è uscito in libreria “Educare gli educatori. Una riforma del pensiero per la democrazia cognitiva.” del filosofo transalpino, a cura di Antonella Martini e pubblicato da EdUP. Le parole di Morin nelle Lezioni messinesi del marzo 2002, in occasione della cerimonia di consegna della laurea Honoris Causa in Filosofia dalla Università degli Studi di Messina: “Per questa ragione ribadisco che essa [la conoscenza della conoscenza] si deve inserire in tutti gli insegnamenti universitari. Si può chiamare decima epistemologica.  Decima epistemologica significa che in tutte le discipline, letterarie e scientifiche si dovrebbe dedicare una decima parte del tempo a riflettere sulla conoscenza. (…) E’ importante fare tutto ciò dalle prime classi fino all’Università”.

Mi è venuto in mente, mentre scrivo, il saggio di Angela Verso nel secondo tomo della Rivista Complessità, SICANIA 2012, direttore scientifico Giuseppe Gembillo, già professore ordinario di Storia e Filosofia della Complessità nell’Università Peloritana e coordinatore delle attività seminariali lametine. Risfogliando le pagine ho riletto l’input della studiosa, titolare di Storia e Filosofia nei Licei, contraddistinto da parole chiave virgolettate: la prima, identità terrestre, La Terra-patria, il sentimento di comunità planetaria dell’opera moriniana su cui più volte si è discusso in occasione delle lezioni settembrine nella Scuola Francesco Fiorentino; la seconda, fraternità, presente nell’ultima Enciclica, Fratelli tutti, di Papa Francesco. Per Morin “Francesco è profondo e lucido nel suo pensiero. Indica il cammino della costruzione della casa comune che io chiamo Terra-patria” (prefazione di “Sulla stessa barca” di Mauro Ceruti, apparsa su Avvenire.it”); sintonia perfetta con Bergoglio. Il filosofo della Complessità usava le stesse parole chiave del Pontefice già vent’anni fa nel suo “libretto”, Educare gli educatori, pubblicato per la prima volta nell’ultimo anno del secolo scorso, con successive edizioni nel 2002 e nel 2005. Scrive Angela Verso: “[Il libro] raccoglie la traduzione di interviste del grande pensatore che suggeriscono metodi per riformare il pensiero dell’umanità. (…) Disseminare per Morin diventa il compito essenziale. (…) Semi che vanno sparsi, disseminati”. Ecco cosa significa diffondere la cultura della sostenibilità ambientale di cui dovrebbero farsi carico le istituzioni scolastiche del mondo per aprirsi al pensiero critico. E’ necessario liberare la conoscenza dalle iper-specializzazioni per conquistare una democrazia cognitiva e diffondere il sapere tra i molti; proprio l’istruzione è indispensabile perché i cittadini di tutti i Paesi “prendano parte alla vita politica e ai processi decisionali che essa richiede.

Le radici di questa nuovo modello si trovano nella Filosofa di Morin che ha il compito di mettere in stretto rapporto cultura umanistica e scientifica in modo da segnare un itinerario positivo del genere umano, alternativo rispetto al passato. La studiosa messinese cita in nota (n.8 a pagina 427) un articolo del pensatore parigino, dal titolo Elogio della metamorfosi sulle pagine de La Stampa il 14 gennaio del 2010, ancora attuale: “In questo scenario difficile, l’emergenza della crisi e le dinamiche ad essa connesse possono rappresentare il vivaio del futuro, i segni di un possibile rinnovamento, una sfida, un’opportunità, nella direzione della rigenerazione economica, sociale, politica ed etica”.

In Pensare l’Europa, edito da Feltrinelli 30 anni fa, Morin indica il luogo dove si potrebbe concretizzare il cambiamento, appunto il Continente Europeo “in cui è possibile realizzare un mercato comune delle idee, (…) un cantiere sempre aperto, nel quale gettare le basi per una nuova democrazia e riscoprire le radici di umanesimo, di libertà, di esercizio della ragione, insite nella sua natura, assicurandosi la sua apertura verso il mondo”, superando l’idea di Stato-nazione attraverso “soluzioni multinazionali, transnazionali, continentali, perfino planetari. (…) Potrebbe configurarsi come una confederazione di confederazioni nella società-mondo” (E. Morin Lo Stato-nazione, testo inedito del 1997 e Pensare l’Europa in Educare gli educatori).

Sul cambiamento è necessaria una riforma del modo di pensare, di buon auspicio per il “futuro del mondo”. E’ opportuno abbandonare il metodo galileiano e cartesiano della linearità, scegliendo quello della circolarità: “Ne deriva così una organizzazione della conoscenza sistemica e integrata, una conoscenza pertinente che ritiene di pensare in maniera dialogica, senza mai chiudere i concetti. La complessità diventa, quindi, un metodo e una forma di conoscenza circolari, puntando sulle relazioni e sulle influenze reciproche tra le parti e il tutto. (…) Ma le Università [prediligono] ancora l’iperspecializzazione, la parcellizzazione, la frammentazione del sapere”. Si perde di vista la visione globale, al massimo si diventa ricercatori di frammenti di conoscenza.

Per fortuna sta conquistando gradualmente maggiore spazio un numero non trascurabile di studiosi delle diverse discipline (psicologi, neuroscienziati, sociologi, antropologi, scienziati della Terra e dell’ecologia, astrofisici) i cui risultati producono riflessioni di tipo filosofico. E ancora, nei vari settori “la temporalità, la storia [danno] una visione d’insieme in cui inquadrare i fenomeni e le discipline particolari”. Il pensiero ha bisogno della storia perché permette di considerare gli oggetti in un processo temporale di costruzione continua. Di conseguenza le discipline scientifiche e umanistiche devono essere costantemente in osmosi per produrre sapere. Ecco come Educare gli educatori per formare La testa ben fatta. Angela Verso sottolinea un passaggio importante: “Il progetto di riforma del pensiero e dell’insegnamento deve passare attraverso una democratizzazione della conoscenza e deve essere collocato all’interno di una dimensione antropo-etica” (p. 433).

Pertanto sono indispensabili: la formazione dei formatori, l’auto-rieducazione degli educatori, la sperimentazione; è necessario verificare in situazione didattica l’interdisciplinarità e la trans-disciplinarità tra cultura umanistica e cultura scientifica per “sposare l’idea della circolarità dei saperi nella loro complessità”. Argomento trattato ne La metafora del circolo, seminario del 2001 della Scuola Francesco Fiorentino. Attraverso la democratizzazione del sapere, l’inclusione e la condivisione, i cittadini possono avvicinarsi alla conoscenza. Così scrive Angela Verso: “[Bisogna] disseminare i germogli di un pensiero nuovo e praticare la diffusione del sapere (…) come possibilità di resistenza contro la barbarie dell’iper-specialismo e della frammentazione delle conoscenze”. Occorre una nuova fede nella fraternità, una religione terrena in grado di opporsi alla meccanizzazione della società.

Virgolettato tratto da Educare gli educatori e dalle altre opere di Morin: “L’antropo-etica serve a compiere in modo positivo il destino dell’uomo perché permette il riconoscimento dell’identità terrestre, della cittadinanza planetaria, dell’umanità come unitas-multiplex (unità nella diversità, diversità nell’unità). Solo assumendo uno sguardo globale capace di integrare le varie forme di cittadinanza, le diverse culture, i molteplici punti di vista, come parti essenziali di un unico sistema vivente, di un unico organismo vitale che è l’Umanità stessa, potremmo delineare le coordinate di una rinnovata paideia (educazione e formazione)” (p. 434). Ed ecco l’esigenza di nuovi modelli per acquisire una cultura della sostenibilità ambientale: “La scuola e l’Università sono chiamate a promuovere in modo capillare e diffuso la costruzione di una società della conoscenza fondata sulla democrazia cognitiva e per questo (…) devono progettare nuovi valori, nuove mentalità, nuovi modelli etici” (p. 434). E ancora: “La presa di coscienza delle nostre radici e del nostro destino planetario [sarà] condizione necessaria per realizzare la riforma del pensiero in grado di salvare il mondo” (p.436). Così facendo si realizzerà la nuova educazione che ci dovrà condurre verso una rivoluzione etica ed ecologica per salvare il nostro Pianeta, La nostra Terra-Patria.

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