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E’ diventato turbolento avere una buona conversazione nel XXI secolo senza che si finisca in una discussione. Sarebbe indispensabile cambiare l’approccio e comprenderne il vero valore. Se si riflette si intuisce che l’essere umano non è mai stato portato per quest’arte. E forse abbiamo sempre avuto quella punta di impazienza che ci fa saltare addosso all’altro, per non perire nella sconfitta di una battaglia dialettica. Anche perché la conversazione potrebbe benissimo essere sana e pacifica. Magari farcita da parole dolci. Ma forse la gente in questi decenni, non vuole conversare ma solo convincere l’altro. E’ un idea che appartiene da sempre all’uomo che “sembra” voler discutere. Ma non vuole. E succede che in molti casi, contraddiciamo l’opinione del nostro interlocutore. Ma in realtà è “il tono con cui viene espressa che stiamo combattendo, perché non ci piace”, secondo Nietzsche.
Anche perché l’arte della conversazione sfugge. E nelle fessure della fuga si inserisce il fardello della solitudine non desiderata. Inoltre le persone che amano conversare il più delle volte è perchè vogliono nutrirsi delle idee degli altri e delle loro esperienze. Il problema è stato analizzato dal filosofo spagnolo Josè Carlos Ruiz nel suo romanzo “Una mujer educada” in cui spiega il dato , che oggi in molti non vogliamo conversare ma convincere l’altro. Non solo, ma anche che “Un grande conversatore capisce che c’è un nutrimento intellettuale da entrambe le parti, e soprattutto la voglia di imparare”. Nel 1875 se ne occupò con “The Gentlemen’s Book of Etiquette”, Cecil B. Hartley che elencò le dieci chiavi dell’arte della conversazione. Inoltre non ci sono molti manuali che spiegano i dettami di questa forma di arte che non comprende solo un semplice scambio di opinioni e di informazioni. Ma è l’unica cosa che ci lega ed è anche una via di salvezza per rompere il silenzio della solitudine. Infatti è solo quando conversiamo e lo facciamo davvero che ci sentiamo accompagnati e compresi. Non da tutti, purtroppo.