Filosofia e pandemia: tavola rotonda nella giornata mondiale della Filosofia

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Importante tavola rotonda online il 20 novembre scorso a cura del Centro studi di Filosofia della Complessità di Messina in occasione della giornata mondiale della Filosofia. Interventi pertinenti e concreti di filosofi contemporanei sul momento difficile che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Il pensiero speculativo ha dato un contributo quanto mai necessario sia per le analisi che per le possibili soluzioni. A coordinare i lavori Annamaria Anselmo, professore ordinario di Storia della Filosofia nell’Ateneo peloritano. La docente ha introdotto i lavori, evidenziando come l’infinitamente piccolo, il Covid-19, ha messo in estrema crisi l’intero pianeta condizionato da una visione obsoleta sulla Natura dovuta agli errori epistemologici (di teoria della conoscenza) riguardanti la certezza. Tutto ciò ha contagiato la visione etico-sociale.

Ha invitato, poi, ad intervenire sull’argomento Giovanni Boniolo, professore ordinario di Filosofia della Scienza e Medical Humanities all’Università di Ferrara. Lo studioso con trascorsi sportivi di alto livello, allo stesso modo in ambito accademico con decine di pubblicazioni dalla fine del secolo scorso ad oggi, ha iniziato il discorso con alcune riflessioni sulla realtà quotidiana caratterizzata dal dibattito televisivo nei talk show dedicati interamente al coronavirus; ambiti in cui domina la tuttologia: tutti dicono su tutto nel nome del semplicismo riduzionista, suscitando problematiche che hanno a che fare con l’etica. A situazioni diverse il problema dovrebbe essere affrontato in maniera diversa. Al riguardo ha preso come esempio le differenti località della Toscana (Maremma, Isola del Giglio …) che non possono essere osservati con un modello unico. Altri aspetti etici: le misure discriminatorie verso le minoranze, le donne e gli anziani, non tenuti in gran conto allorché non siano abbienti. Ancora difficoltà sul Covid-19: i dati di partenza diversi sui contagiati vengono analizzati con lo stesso modello che rimane sconosciuto. In sostanza, è stata sottovalutata la complessità; si cerca di risolvere in maniera semplicistica situazioni complesse. 

E’ stata la volta di Giuseppe Gembillo, già professore di Filosofia della Complessità, fondatore e direttore del Centro Studi Edgar Morin, dal 1997 al 2014 coordinatore delle attività nella Scuola di Alta Formazione Francesco Fiorentino di Lamezia Terme e tanto altro per quanto riguarda titoli e pubblicazioni. Il filosofo di Messina si è complimentato con il professore Boniolo per aver messo in evidenza la superficialità diffusa della maggioranza degli interventi nei talk televisivi in questi mesi di pandemia. Immediatamente dopo ha affrontato in chiave-storico teoretica la ragione per cui siamo arrivati a questo punto. “Ce lo siamo meritati! Ci siamo comportati nei confronti della Natura in maniera così arrogante che l’abbiamo costretta alla rivolta”, così ha detto in modo perentorio. In proposito ha citato “La rivolta di Gaia” di James Lovelock (Rizzoli, 2006), scienziato ambientalista britannico che ha dato il nome di Gaia al nostro mondo perché pianeta vivente. Per colpa del pensiero astratto siamo tornati indietro di secoli. Il progresso ci ha resi ciechi di fronte agli effetti collaterali. Bisogna ripercorrere il nostro iter storico-teoretico. Ha sottolineato il limite nel campo della medicina: il corpo umano è considerato come qualcosa di andro-meccanico, come un’auto e i medici simili a dei meccanici che riparano i singoli pezzi.  A tal riguardo si ricordi che Cartesio sosteneva: “Io credo che il corpo sia una statua o una macchina (…) all’interno tutti i pezzi necessari per il suo funzionamento” (L’uomo, 1630). Negli ultimi 30 anni gli specialisti sono diventati protagonisti; stravolto il rapporto con l’esterno. Comunichiamo con un reale, schematizzandolo, oggettivato e immobile, mentre ne siamo parte integrante; scivoliamo nella certezza astratta nonostante gli imprevisti o la imprevedibilità. Bisogna attenzionare l’errore e non confondere la complessità delle situazioni con la superficialità delle soluzioni; la complessità è l’opposto della semplificazione. In questo periodo drammatico ognuno ha potuto dire qualunque cosa davanti alle telecamere. Pertanto è urgente tornare alla competenza e alla riflessione senza cadere nella generalizzazione.            

 Anselmo, dopo aver messo in evidenza la contraddizione tra complessità della situazione e soluzione semplificata emersa nelle analisi e nelle riflessioni precedenti, ha invitato ad intervenire Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della Filosofia e direttore nel Dipartimento di Civiltà antiche e moderne. Sugli errori del passato si è trovato in consonanza con quanto già detto. Una volta le pesti duravano più a lungo. Le cose sono cambiate; non siamo separati dalla realtà. Per attuare il cambiamento epistemologico bisogna fare tesoro della frase hegeliana: “Dobbiamo apprendere il nostro tempo”. Tutto si tiene; non solo medici specialisti ed economisti, anche la scienza ha a che fare con la complessità.  Quindi i riferimenti a Ilya Prigogine, chimico russo, per La nuova alleanza tra scienza e cultura, tra natura e uomo, a Humberto Maturana e Francisco Varela, biologi cileni, per Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, ovvero gli esseri viventi “si producono continuamente da soli”. Bisogna salvare l’ambiente per salvare noi stessi. La pandemia può costituire la via d’uscita della modernità per prendere in considerazione nuovi paradigmi interpretativi.

Ha chiuso la serie degli interventi Roberta Lanfredini, professore ordinario di filosofia teoretica nell’Università di Firenze. Secondo la studiosa sembrerebbe che la filosofia, che si occupa di cose generali, non si dovesse interessare di pandemia che è un dato di fatto. In realtà ha tutte le carte in regola per analizzare la pandemia sia sul registro epistemologico sia su quello esistenziale. Anzi può intervenire in maniera incisiva. L’evento coronavirus conferma che il dato scientifico è in crisi di oggettività, rinnovandosi la competizione in ambito scientifico sul dato stesso. La scienza ha una sua storia e il fatto è una costruzione attiva e passiva senza una linea di demarcazione. La drammatica esperienza della pandemia ha messo in luce una totale assenza di una conoscenza condivisa. Le conseguenze esistenziali hanno portato ad una modificazione della vita per quanto riguarda la prossimità, l’apprendimento, l’intreccio di vita e di mondo più disincantato.

Il dibattito si è caratterizzato nel merito degli argomenti trattati rivolti alla drammaticità del presente. Da una parte lo specialismo dilagante come effetto negativo; dall’altra il bisogno di specialismo non in solitudine, ma armonicamente, in gruppo, insieme.  Nei talk show televisivi, poi, si tende a diventare protagonista a tutti i costi, tale atteggiamento si moltiplica con il web. Quotidianamente vediamo alla tv il fallimento degli intellettuali massmediali. I filosofi hanno lasciato campo libero agli pseudofilosofi nei salotti televisivi senza dialettica. La comunicazione nei mass-media è autoreferenziale. I veri filosofi devono guadagnare spazio nella comunicazione per far valere il pensiero critico. Altro limite della comunicazione scientifica è che non deve essere frammentaria, non dialogante; specialmente la medicina dovrebbe considerare prioritario l’aspetto etico. E la tavola rotonda, seppure online, ci ha stimolato a ripensare.

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