Economia e società nella Calabria napoleonica tra innovazione e conservazione

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

© RIPRODUZIONE RISERVATA

francesco_vescio-ok_48ed3-1_c2018_736f4_c645b_efd06_cf25d_61a3f_f5055_5e33f_9bc9f_2e2b4.jpgIl Decennio Francese (1806- 1815) rappresentò un periodo storico molto complesso per la Calabria a causa delle forti contrapposizioni tra coloro che miravano all’innovazione nell’economia e nei rapporti sociali e quelli che tendevano a mantenere la situazione dell’Ancien Régime; eventi simili si verificarono nell’intera Europa, per come esplicitato nel passo successivo: “… l’episodio napoleonico ebbe importanti conseguenze sullo sviluppo economico dell’Europa. L’aspetto più positivo del retaggio napoleonico venne con l’agenda di riforme che gli eserciti e gli amministratori diffusero per l’Europa […] Lo Stato riguadagnò completa sovranità e furono abolite tutte le giurisdizioni private.  Si riorganizzarono le tasse al fine di mantenere le nuove burocrazie amministrative, che badavano a dare esecuzione alle nuove mentalità amministrative – in particolare a favorire i princìpi che la proprietà privata e l’impresa individuale erano le chiavi dello sviluppo economico […] Come in Francia, i nuovi ruoli assunti dallo Stato erano in forte contrasto con la teoria e con la pratica dell’Ancien Régime. Anche in quegli Stati che non vennero sotto il diretto governo francese fu avvertita la spinta riformista […] Ma vi erano anche dei costi economici e specialmente nelle parti più povere d’Europa gli oneri fiscali richiesti per mantenere le nuove burocrazie andavano spesso al di là di ogni rapporto con le risorse economiche. In termini economici e commerciali l’impatto del governo napoleonico fu molto eterogeneo” (John A. Davis, Tra Espansione e Sviluppo Economico nell’Europa del XVIII Secolo, in ‘AA.VV, Dall’Espansione allo Sviluppo- Una Storia Economica dell’Europa’, Giappichelli Editore, Torino, 2011, pp.196-197).  

Le condizioni di vita della maggioranza dei Calabresi erano particolarmente difficili ed in molti casi al limite della sussistenza, il quadro è delineato nella sua dura realtà nel seguente brano: “Le relazioni per la statistica murattiana analizzavano ogni aspetto, quotidiano e non, della vita in Calabria. Oggetto dell’indagine furono le abitazioni, l’alimentazione, i prodotti e i sistemi produttivi, le condizioni igieniche e le strutture sanitarie, gli istituti educativi e quelli assistenziali, persino la foggia del vestire e i passatempi. Ne viene fuori l’immagine di un paese ‘destituito di sentimento pubblico ’ i cui abitanti vivono in uno stato ‘pressoché naturale’, dominati dall’ignoranza e dal fanatismo. Esse smentiscono, una volta di più, il mito della Calabria fertile e felice. Il calabrese viveva frugalmente, alla base della sua alimentazione erano gli ortaggi e il pane, generalmente di farine inferiori (castagne, segala e frumentone). La carne era consumata solo nei giorni festivi, e spesso per le speculazioni dei commercianti, proveniva da bestiame malato. Il vino appariva di frequente sulla tavola dei benestanti mentre i contadini lo bevevano di rado, però in tali occasioni ne facevano un uso smodato. La spesa per l’alimentazione di una famiglia di quattro persone ammontava a 40 grana al giorno, più del salario medio giornaliero di un ‘ fatigatore’. Il vestiario distingueva le classi sociali, sia per la foggia che per la qualità dei tessuti […]. Le abitazioni rappresentavano quanto di più precario e antiigienico si possa immaginare. Avevano pianta generalmente quadrata, fatte con calce o creta e pressoché tutte scomode, malsane, insicure. Il pavimento era in terra battuta e l’unica apertura, era costituita dalla porta. Esse venivano generalmente divise con gli animali da cortile e da lavoro. Nelle loro prossimità erano spesso i letamai e le stalle […] L’agricoltura e la pastorizia erano le principali e quasi uniche attività economiche” (Antonio Puca, La Calabria nel Decennio Francese, in ‘ Storia della Calabria Moderna e Contemporanea- Il Lungo Periodo ’, Gangemi Editore, Roma- Reggio Cal., 1992, pp. 435-436). Qualche miglioramento a livello generale dell’economia si ebbe durante il Decennio Francese, ma la classe sociale che ne trasse i maggiori vantaggi fu quella borghese, per come viene indicato nel testo successivo:                                                                                                                                                                                               “Forse, considerato l’infimo grado da cui erano partite, le manifatture ebbero in Calabria un avanzamento meglio percepibile. Varie attività minerarie, sollecitate soprattutto dai Napoleonidi, ebbero vita alterna, e solo quelle legate alle esigenze dello stato godettero di qualche potenziamento e riordinamento (e dunque il salnitro e il ferro). Le altre industrie - tessili, per l’arredamento, per le attività agropastorali, per l’edilizia, e così via- avevano una diffusione abbastanza ampia, ma restavano a livello familiare, artigianale. Solo le industrie produttrici di oggetti di ferro, o di tessuti di seta, o di liquerizia, sembravano mantenere l’alto tono della tradizione calabrese e, comunque, da una parte impiegavano un ampio spettro di manodopera e, dall’altra parte, potevano contare su un mercato non solo regionale. Ma anche l’industria, come già l’agricoltura, soffriva di due mali endemici dell’economia calabrese: le difficoltà delle comunicazioni e le difficoltà del credito. Anche questo serve a spiegare come, al di là delle miopi convenienze della borghesia fondiaria, ci fossero difficoltà oggettive nell’intraprendere strade nuove nell’agricoltura e nell’industria di Calabria [..] In realtà, i rapporti sociali- al di là della redistribuzione dei redditi e delle mutazioni nella scala sociale –rimanevano per larga parte gli stessi” ( Augusto Placanica, I Caratteri Originali, in ‘ Storia d’Italia- Le Regioni dall’Unità d’Italia a oggi’- La Calabria, a cura di Piero Bevilacqua e Augusto Placanica, Einaudi, Torino, 1985, pp.104-105).

Il Decennio Francese fu un periodo particolarmente complesso; si scontrarono in modo violento le forze che aspiravano ad un profondo rinnovamento sia dal punto di vista economico sia da quello sociale e le forze conservatrici e reazionarie visceralmente contrarie a qualsiasi cambiamento; nel brano che segue si trova una rappresentazione molto significativa della problematica affrontata: “La società calabrese è dunque più disgregata che nel passato, per le lacerazioni che le vicende del decennio operarono nel tessuto sociale: la borghesia ha l’anima riformista degli uomini de decennio, ma anche l’anima grettamente conservatrice degli uomini che vogliono strumentalizzare il potere per consolidare il predominio sulle povere masse contadine; il popolo- ancorché unito nel comune odio contro i galantuomini- è diviso tra coloro che, stanchi della sanguinosa guerriglia, anelano ad una pace operosa e i disperati che scelgono la tenebrosa  ed avventurosa vita dei boschi per continuare la lotta fino all’ultimo sangue. Gli ex baroni, privati del potere politico, ondeggiano tra due scelte, salvare il salvabile del patrimonio tra i marosi dei debiti o lasciare la regione e trovare altre possibilità di una decorosa sopravvivenza nell’ambiente di corte e nella capitale. Ma pur con queste ombre, la Calabria rivela le luci di un rinnovamento che gli uomini del decennio e le riforme dei napoleonidi hanno saputo assicurare alla regione: il tramonto del medioevo, l’alba del Risorgimento, l’avvio di profonde riforme costituiscono l’eredità che il travagliato decennio lascia alla restaurazione borbonica” (Giuseppe Brasacchio, Storia Economica della Calabria—Il Decennio Francese- 1806-1815- Volume Quinto, Edizioni Effe Emme, Chiaravalle Centrale,1980, p.143). L’esposizione degli avvenimenti e le valutazioni sopra riportate stanno ad indicare che il Decennio Francese fu un periodo molto complicato, in cui si combatterono non solo due dinastie tra di loro ma tanti calabresi lottarono contro altri calabresi, pertanto va considerato come un momento cruciale della storia della Regione, da qui la notevole attenzione che gli studiosi gli hanno riservato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA